Una "prima,, a Sanremo di Francesco Bernardelli

Una "prima,, a Sanremo Una "prima,, a Sanremo . |- _ j ; VT * *TI„1_J,. ~ ... , _|| • j; IT fi^ì^i^^. La fOITe SUI DOII8IO.. Ql M . 1^3171110 ' - Sanremo, 12 febbraio. .«.■ffl^s^sdi Sergio Tofano e Laura So-lari ha rappresentato, c primaassoluta» la commedia i.i tre atti: «La torre Vittorio Calvino, premio Sanremo di letteratu-_ta commedia in tre torre sul pollaio» di lalvlno, vincitrice del ra. Il Calvino, giovane scrittore che già aveva fatto alcune esperienze teatrali, e particolarmente di teatro radiofonico, ha scelto per 1 suol tre atti un argomento difficile, uno di quel favoleggiamentl sconfinanti oltre la realtà quotidiana, che impegnano l'autore In due sensi: nell'approfondimento fantasioso di uno stato d'animo, di un mito psicologico, e nell'abilità di comporre le vaste idee, i pensieri che tendono al sublime, col verismo minuto, quasi banale, spesso grottesco della vita. Ironia, angoscia, capriccio, presiedano a tal genere drammatico, che si affida poi a una estrema misura e 'levità di tocco. Qui l'autore si domanda se è possibile incontrarsi con Dio, parlare a Dio. Un piccolo impiegato, mansueto e indifeso, si i fitto in capo di costruire in una sua terrazza una torre, per salire in cielo, a raggiungervi il Signore. E' pazzo, Andrea Rossi, o non è pazzo? Questo interrogativo è la condizione esteriore dello spettacolo, da questa domanda muovono le reazioni dialettiche di un dramma sociale, pi randelli anamente bilanciato fra quello che appare verosimile e quello che è vero in noi. I vicini protestano, la portinaia si accanisce, una vedova Baran strilla perchè qualche mattone della torre cadendo sul suo pollaio le ha recato non so che danno, vengono fuori l'ingegnere del municipio, 11 medico della ditta ove U Rossi avora, un giornalista che lancia sul suo giornale la notizia di questa pazzia (ma è poi pazzia?); insomma tutta una clttaduzza oppone adlratissima, 11 suo piatto buon senso a una irrazionalità che sconvolge 11 quieto vivere e l'opaca coscienza. Soltanto la moglie, tenerissima, assiste alle stranezze del poverino senza allarmarsi; dice alla figlia: il papà ha avuto sempre cosl poche gioie, lasciamolo fare. E 11 papà tanto fa, tento bì allontana che un giorno smette 1 lavori: Dio è venuto a trovarlo, nel suo salottlno, la torre è ormai inutile. E noi l'abbiamo visto Dio, entrare in scena, In una lieve luce palpitante e frusciente, in uno smuoversi di tende leggere, con un volto ancora giovane e 1 capelli bianchi, vestito come tutu, e l'abbiamo udito parlare pacatamente ad Andrea. Su questo punto si accentra l'altro dramma, il dramma interiore. L'uomo, il piccolo uomo, dice al Signore la sua pena: lo ha invocato perchè è cosl difficile vivere, perchè vi è tante iniquità nel mondo, perchè si è stanchi di sopportare tanta violenza, tento dolore, n oan dorè, l'Ingenuità, la fede di An drea sono commoventi; umano, nella dissimulate solennità del suo chiaro mistero, i Dio che risponde all'uomo. Sulla scia di illustri esempi, li Calvino ha qui cercato di trarre sulla scena l'ombra lucente e patetica del sogni umani Poi il dramma continua alter¬ ^ ti _j_ ,nando e intrecciando con varia fortuna gli aspetti realistici a quelli fantastici. Il secondo atto è piuttosto faragginoso. Dio ritorna, ma 11 suo linguaggio è povero, non vi si sente dentro 11 suono celeste dell'infinito, la trova¬ to ha perso la sua originali- tà; troppe variazioni in questo atto e insistenze. Dio minaccia un nuovo diluvio a castigare gli uomini; Andrea sarà il Noè di questa strage. Andrea è disperato, scoppia un gran temporale, ecco è la fine, Andrea vuole si, gli amici vicino a sè; divulga la notizia. La pua angoscia dovrebbe essere cosmica; perchè, mio Dia perchè? Tanta grandezza è appena sfiorate in tratti delicati (la scena col bimbo piccolo è gentilissima) ma sul tutto grava il peso delle molte intenzioni. I temi si ripetono, ma non si dilatano. L'ultimo atto ha il primo quadro vivace, svelto, colorito e caricaturale, e un secondo che conchiude lo spettacolo con un tratto veramente bello e di intensa commozione. Quando la moglie, dopo tanta pazienza, dopo aver subite tanti guai, dice ad Andrea che ella e i figli lo abbandoneranno per sempre se egli non metterà giudizio, Andrea smarrito, trepidante, domanda: Ma allora, che cos'è? Un sogno, dice la moglie, un sogno. Andrea am» la moglie, ama i figli, e accette. Sarà stato un sogno. Ma è la solitudine ultima, estrema. E" una tristezza infinita. An- ^«r^si.^ E cosl difficile essere amico tuo- ma non abbandonarmi ; ritorna, ci vedremo qualche nol due soli, tu e io. K' un pian¬ "toma, ci vedremo quaicne volte, ci parleremo di nascosto, in segreto, e lo sapremo ne umana, e una aspirazione to quasi puerile, è un fanclul lo che cerca il padre, è un lamento modulato da Sergio Tofano con pungente dolcezza; e la commedia finisce. Commedia o dramma, rivela delicatezza sensibile, penetrazio. poetica, un desiderio di consola zione che non può lasciare indifferenti. Tofano ha interpretato felicemente l'impiegatucclo negli aspetti di trepida rassegnazione, miti e sognanti; meno efficace nei passi rìrlla angoscia e del tormento. Laura Solari è stata la tenera moglie con una giustezza di tono che non si è alterata. Una macchietta grossa e festevolmente modulata ci ha dato Vittorio Caprioli. Carlo Bagno ha rappresentato il Signore con semplicità e ampiezza. Lepida, Isabella Riva. Lo spettacolo ha avuto un cordialissimo, vivo successo, con molti applausi a scena aperte, a fine d'atto e con l'autore chiamato più volte alla ribalte. Prima dello spettacolo, alla presenza del Sottosegretario al. la P. I. Perone Capano, furono consegnati i premi ai nove vincitori dei concorsi di Sanremo: pittori Salodini, Seibezzi, Spreaflco, Di Prata, Vitali; scultori. Tallone. Cassino, Calò e naturalmente al Calvino che, per tutti, ha detto poche parole di ringraziamento, Francesco Bernardelli

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