Una tradizione spezzata di Domenico Bartoli

Una tradizione spezzata Una tradizione spezzata La guerra che ha eliminato lo Stato Maggiore tedesco ha anche sconvolto il suo vero rivale, la grande diplomazia del Quai d'Orsay (Dal nostro corrispondente) PARIGI, febbraio. Bi è rotto un altro filo della tradizione francese ed europea. Il segretario genentle del Quai d'Orsay non è più un diplomatico di carriera: un uomo politico è stato nominato a questa importante carica. L'ambasciatore Jean Chauvel, finora segretario generale, andrà a Lake Success per prendere il posto lasciato Ubero dal suo successore, il signor Alexandre Porodi. E' una piccola rivoluzione che sanziona uno stato di cose nuovo per la Francia. La carriera, come la chiamano senza altre aggiunte, conta oramai poco nell'ispirazione , e perfino nell'esecuzione della politica estera. Parodi, uomo semplice L'influenza perduta dalla diplomazia non va tanto agU uomini politici quanto ai funzionari di altre grandi carriere. La burocrazia, cioè, ha sempre una parte molto grande nel determinare la politica internazionale 'della Francia; ma è un'altra burocrazia. Parodi è entrato nella politica attraverso la Resistenza; viene dal Consiglio di Stato, dove è stato ammesso nel 1926, a venticinque anni, dopo concorso regolare. E' un uomo semplice, coraggioso; parla con voce monotona, da magistrato, come ricordano tutti quelli che lo hanno ascoltato durante le sedute dell'Onu, qui a Parigi. Grande .fu la riprovazione, anni fa, quando un exprefetto, passato alla diplomazia, concluse un suo rapporto così: « L'importanza di quanto ho esposto qui sopra milita in favore di una 00viunicazione speciale ». Si doveva dire, invece: «Non ho creduto di dover lasciare Vo- etra Eccellenza nell'ignoranza di questi fatti, dei quali spetta a lei giudicare l'importanza e l'interesse ». Afa ora la cosa non farebbe più scandalo. I collaboratori diretti di Parodi, che hanno avuto finora un'influenza decisiva «ulta politica estera, sono due ispettori di finanza, due burocrati di un'altra grande carriera. Se il Consiglio di Stato ha dato alla Francia Leon Blum, l'ispettorato di finanza ha dato Caillaux. Ma allora non si poteva prevedere che, coalizzati insieme, il Consiglio di Stato e le finanze conquistassero la roccaforte degli affari esteri. Questi due ispettori di finanza sono Couve de Murville, direttore degli affari politici, e Bervi Alphund, direttore degli affari economici. Couve de Muì ville, che fu il primo rappresentante francese a Roma, ancora durante la guerra, è alto, magro, elegante: un uomo freddo ed altero, tutto cervello. Alphand è diverso: colorito, molto giovane, nonostante i suoi carpelli quasi bianchi, gli piace la buona compagnia. Sua moglie canta in un cabaret accompagnandosi con una chitarra; e lui, in privato, si diverte ad imitare la voce e i modi degli uomini celebri, compresi i suoi superiori. Straordinariamente intelligence, ha avuto una parte dominante nel consigli dell'Occe e in tutte le conferenze economiche del dopoguerra. Un consigliere di Stato e due ispettori di /incitila diiigono, dunque, la vecchia « maison » del Quai d'Orsay; e due delle tre grandi ambasciate sono rette da ambasciatori non di carriera (Washington e Mosca). Naturalmente tutto questo avviene non per un deliberato disegno di avvilire la diplomazia professionale, ma per la forza delle cose. Che cosa fosse, una volta, il ministero degli affari esteri si può capire leggendo alcune pagine di un vecchio diario di Paul Morand, pubblicate solamente ora («Journal d'un attaché d'ambassade », brani stampati da Les Oeuvre» Libres, fascicolo del 1S gennaio). La diplomazia era un punto d'incrocio delle più grandi forze della Francia d'allora: ispirava i politic-i, attirava i letterati e i mondani, dominava i militari e i capitalisti. Un nucleo sceltissimo di funzionari garantiva, attraverso tutte le scosse parlamentari, una continuità di indirizzo e di principi. Fu in gran parte opera di quel gruppo di funzionari la conclusione dell'Intesa con l'Inghilterra, prima del '14, e perciò, in definitiva, la sconfitta della Germania nel '18. Fu opera ancora di quel gruppo, rinnovato dal gioco delle generazioni ma fedele sempre agli stessi orientamenti, la rete di alleanze orientali, la politica ginevrina fra le due guerre. Dietro Bnand c'era Berthelot. Il risultato, questa volta, non fu la vittoria: fu la sconfitta. Il disegno diplomatico era sostanzialmente lo stesso, prima del 'li e dopo il '18, ispirato dalla preoccupazione costante di fronteggiare e, occorrendo, sconfiggere la Germania. Ma il calcolo delle forze, specialmente delle forze franoesi, fu esatto prima della guerra del '14, mentre risultò sbagliato allo scoppio del secondo conflitto europeo. Come il giornalismo Questa e la ragione storica profonda dei mutamenti avvenuti nella strtittura e nella tradizione del Quai d'Orsay. I diplomatici sono stati battuti da Hitler prima dei generali. La loro sconfitta fu Monaco, Dicono che durante quella famosa conferenza, Bitter si mostrasse irritato, per la presenza, a fianco di Daladier, di Alexis Léger, allora segretario generale del Quai d'Orsay. « Non si dovrebbero mandare uomini dì colore alle, conferenze internazionali » avrebbe detto, colpito nei suoi sentimenti di razzista, Léger era figlio di un avvocato francese e di una donna della Martinica. Era un uomo di grande cultura e finezza: forse troppo colto e fine per quel tempi violenti. La sua presenza ai tavolo di Monaco aveva una ragione, oltre a quelle protocollari. Abbandonando la Cecoslovacchia, la Francia perdeva il risultato di un lavoro di vent'anni, rompeva la trama tessuta con grande sottigliezza M111111111111111111111111111111 ■ 1111 i 111 ■ 11 f 111 ■ 1111111E1 dai suoi diplomatici per assicurare all'esercito francese una serie di alleanze orientali. Era la fine di un sistema: era la fine della diplomazia francese come una delle forze dominanti dell'Europa contemporanea. Era giusto che Léger fosse presente per accertare la catastrofe. Sconfitta la Germania, non si è voluto tornare agli eredi (fi quel gruppo di funzionari che aveva avuto una grande parte, nella vittoria del '18 e nel disastro del '40. Ma gli uomini politici e i generali non erano altrettanto, anzi più responsabili? Gli nomini politici sopravvivono sempre in qualche modo: si veda, per esempio, Reynaud. E i generali riescono sempre ad impedire che venga messo sulla testa di un borghese il berretto stellato: eliminati i più compromessi, tornano a chiudere le file. Per la diplomazia è un'altra cosa. In certo senso la diplomazia, è come il giornalismo: tenta tutti coloro che, per una ragione o per l'altra, hanno un rapporto con la vita pubblica. Non c'è persona colta che non si creda capace di scrivere una serie di articoli interessantissimi. Non c'è alto funzionario o uomo politico che non si creda capace di fare l'ambasciatore o almeno il console generale. Una tradizione, cosi, è stata rotta. La guerra che ha eliminato lo stato maggiore tedesco, ha anche sconvolto il suo vtio rivale, la gr.ivdv diplomazia del Quai d'Okay. E' un'altra prova che l'Europa continentale, tutta insieme, sia pure con diverse gradazioni fra Paese e Paese, ha perso la guerra. Guardiamo V Inghilterra, invece. Basta notare un piccolo particolare: fino a poco tempo fa, il segretario particolare di Bevin era quello stesso di Eden, nat«ral?nente un diplomatico professionale. La Inghilterra è l'unico Paese dell'occidente che rispetti ancora la carriera e la tradizione. E' un segno della sua forza. Sul vecchio Quai d'Orsa;/, soomparso oramai da quasi dieci anni, Paul Morand nel suo diario racconta tante cose curiose, che varrà la pena di riferire per confrontarle con la situazione di oggi. Un punto specialmente può interessare il lettore: lo stretto rapporto fra diplomazia e letteratura. Non era un fatto occasionale ; era una alleanza tra due forze, tra due istituzioni sociali della Francia di una volta. Ora la alleanza si è quasi rotta. Ma la fama di qualche importante scrittore, Paul Claudel, per esempio, rimane fondata su questo potente connubio, come spiegherò un'altra volta. Domenico Bartoli