Leonia segreta di Corrado Alvaro

Leonia segreta Leonia segreta Quando incontro Leonia «olle grandi feste dell'anno, ci fermiamo, ci salutiamo, ci facciamo gli auguri: Lei mi viene incontro gentile, e pronunzia il mio nome facendo la boccuccia a cuore: «Oh, Gino!». Dopo di che, tutto è finito tra noi sino alle prossime feste. Negli altri giorni non ci conosciamo, ci evitiamo, e senza neppure fingere. Può succedere che qtialche sera, rincasando, io la incontri in gran toletta, e allora lei mi saluta allegramente; io le rispondo sullo stesso tono, ma tiro di lungo: so che ella vuole evitare di presentarmi alla persona che l'accompagna, ed è quasi sempre un uomo dall'aria strana, certo un irregolare, di solito un uomo inappuntabilmente vestito. Anche lei è vestita inappuntabilmente. Sento che ella parla con lui facendo la sua solita boccuccia a cuore, con una voce studiatamente puerile, cose che alla sua età infastidiscono. Io sono uno dei pochi a sapere che Leonia fa, scrivendo, incredibili errori di ortografia ; li fa nelle tre o quattro lingue che conosce, ugualmente. So pure che con l'uomo che l'accompagna ella parla dei suoi poeti preferiti, con gli stessi accenti e modi di quando esprime i suoi desideri e le sue voglie e i suoi capricci, facendo quella boccuccia squisita che mi ha sempre suggerita l'immagine d'un ragazzo paffuto che si lecca le labbra dopo avere mangiata una ghiottoneria. I suoi poeti sono poeti non comuni, come i suoi rapporti non sono comuni. Insomma, la conosco bene, per quanto ormai eviti di incontrarla come 66 temessi qualche cosa da lei. Fra noi è ormai un ' tacito patto. Furono le sue squisite qualità che attrassero un tempo il marito di (Leonia ; egli era un individuo rozzo con manie signorili; gli ci voleva una donna fine come Leonia. Lo attrassero, quelle qualità, ma alla fine irritarono, furono cagione delle loro liti, e della loro nimicizia che culminò in un odio implaca bile e mortale. Ricordo il mio primo incontro con loro : an dai a visitarli, e fui introdotto nella loro camera', di albergo. Leonia era a letto. Mi mostrò subito certi lividi sulla fronte e sul viso, e altri sul petto e 6ullo spalle. Accusava tranquillamente il marito. Era piena, ben fatta, opulenta ; certe vene azzurre nella trama della pelle delicata le davano qualcosa di celeste. Il marito ascoltava indifferente. Era 6olito-esprimersi in francese, e chiamava Leonia p>.Me grue. Ella protestava puerilmente, si metteva subito quieta. Per quel giorno, fino a che non impallidissero i lividi, avrebbero fatto colazione in camera. Avevano bisogno di qualcuno fra di loro, e io ero uno di quelli. Spesso .il marito mi chiamava arbitrò della intellettualità di Leonia, uni grue, txquise, egli diceva. Élla mi parlava dei suoi poeti, molto 6entimentali. In questi discorsi il marito la odiava. Ma fuori, in pubblico, i loro rapporti apparivano perfetti. Ero molto giovane allora, e questo, come altri incontri di gente dubbia, mi parevano la vita vera e grande: io ero l'ignaro, il provinciale; non sarei mai riuscito a essere veramente moderno. In un ambiente come quello, certe forme e certe convenzioni sopravvivono, che fra di noi, gente comune, vanno scomparendo. Ritrovavo questa coppia in tutte le città dove capitavo: in Germania, in Francia, in Italia. A Roma avevano un tiro a due, a Berlino un'automobile, a Parigi facevano i rivenduglioli. Erano i tempi in cui l'Europa era piena di questa gente che faceva una vita di artista con improvvisi colpi di fortuna. A volte, davanti a una vostra frase la più spensierata e innocua, sentivate che facevano un balzo, un balzo tra pelle e pelle che voi però avvertivate,; e il loro sguardo si posava su di voi stranamente freddo e fermo, lo sguardo di. un ani' male che ha un lampo di ricordi selvaggi e di preda. A Roma ritrovai Leonia che si era disfatta del marito. Non le piaceva parlarne. Non sapeva dove egli fosse; ma la Eua ombra, il timore della sua riapparizione, la dovettero dominare per qualche tempo. Si voltava di scatto a volte. Restava chiusa nella sua stanza per giorn e giorni. Così Leonia potè raccontare un giorno che, durante la guerra civile, aveva passato le linee con un personaggio ricercato da qualche tempo, e lo aveva condotto a Milano dove pare che egli dovesse svolgere una missione. Ma qui il personaggio fu scoperto, fu fu¬ cilato insieme con gli amici cui aveva dato convegno, e Leonia era tornata a Roma, diceva ella, salva'per miracolo. Raccontava questo fatto in casa di una signora famosa che' la proteggeva pur dicendo che ella faceva incredibili errori di ortografia : c'era un generale in ritiro, una medichessa e io. Tutti avevano parlato fino a quel momento di cose spirituali. E io ero preso da un rimorso acuto, come un vecchio dolore cui non si è data mai importanza e che.a un certo punto si fa sentire imperiosamente. Ero stato io che avevo preparato la morte di quel mio amico, quello che più m'era stato caro, per cui avevo nutrito ammirazione e affetto. Ero stato io che un giorno avevo detto a Leonia, come sfidandola, di averlo incontrato in un quartiere di Koma mentre lo cercavano da tutte le parti : « Innocente, Biondo, fragile, e così risoluto e sicuro di sè » le avevo detto, ricordavo. Ecco la ragione per cui avevo evitato negli ultimi tempi Leonia. Era come un presentimento di un male che volessi ignorare. E ora lo sapevo. Tutta la mia vita, che si era tenuta lontana da ogni malvagità, era travolta ora da quel delitto che, pure senza volerlo, avevo preparato. E Leonia era la depositaria di quel segreto. Leonia poteva proclamare in qualunque momento che ero stato io a indicarle la vittima. Eravamo sotto Natale. Avrei lasciato passare le feste e avrei cercato poi Leoni» sola. Volevo parlarle, ma non sapevo che cosa le avrei detto. Mi veniva a mente la sua camera, lontana da ogni rumore, con le finestre sul cortile, appartata, segreta. Sapevo bene quali rumori avrebbero risposto dall'interno allo squillo del campanello sotto la mia mano :. porte che si chiudevano lasciando immaginare un segréto che si nascondeva, poi la sua voce dall'interno, poi lei, diffidente e subito sorridente appena mi avesse veduto. Erano i primi giorni dell'anno nuovo. Appena seduti, io avrei detto: a Spia ! Assassinali. La stanza dava in un cortile, da fuori non giun- geva se non un movimento della strada, lontano e intermittente come ita vento. Ma appena fu sul suo divano, ella scoppiò in un pianto di rotto. La stufa era aperta, dentro bruciava un alberello di abete : le sue foglie sot tili prendevano fuoco bril landò con un brivido prima di incenerirei, poi tutto era cinereo d'un bianco di nevi cata. Leonia singhiozzava in un modo straziante e diceva: «Il mio abete! Il mio caro piccolo abete di Natale. Me lo hanno lasciato i bambini di fronte sulla porta. TI mio piccolo abete. Un tempo, un tempo...». Piangendo, face va la sua smorfia di bambino grasso che si lecchi le labbra, ma questa volta faceva non so che pena. Dietro a lei, sulla parete, erano incornicia-ti, secondo il gusto gremito di settentrionali paesi domestici, ... . 1 ,, ..molti ritratti; c era quello di suo marito. C'era anche quello del mio amico fucilato a Milano. Lei era sopravvissu ta. Anch'io ero sopravvissuto. Guardavamo bruciare* il piccolo abete puerile delle feste innocenti, quelle che ancora possono commuovere a tradimento i nostri ricordi. Corrado Alvaro

Persone citate: Biondo, Leoni