Il tempo si è fermato alle foci del Po

Il tempo si è fermato alle foci del Po Il tempo si è fermato alle foci del Po Il delta avanza, prevale sul mare; quadro impressionante di miseria, di Ignoranza, di r.atapecchle ove la gente vive promiscuamente difendendosi dalle malattie con l'alcoollsmo: è urgente una bonifica terrestre e umana (Dal nostro-Inviato speciale) PORTO TOLLE, febbraio. Proviamo anche questa: voltiamo le spalle a Rovigo, al romantico « Rovigheto » dei poeti polesani, intabarà de fumara sin di prima mattina, e corriamo per valli e dune e ponti alle foci del Po, a tastare il polso alla gente della. Bassa più bassa d'Italia. Faremo per un giorno il medico condotto in uno di quei paesi che possiedono talvolta^ fra terra e acque, una superficie più vasta dei comuni di Milano, di Torino o di Napoli. Senza grilli letterari per la testa e senza demagogia nel cuore, come si conviene a un coscienzioso dottore in visita. Senza demagogia Alla partenza, un amico di Rovigo itti aveva regalato una medaglietta di bronzo, di quelle che i contadini di Trooenta portano appesa alla catena dell'orologio. Raffigura Nicola Badaloni, il medico riformista che ai primi del secolo combattè la pellagra e la malaria nel Polesine, migliorò il livello di vita dei oonUUlini e dei pescatori e fece a tempo prima di morire di vedere, benché quasi cieco, i tedeschi in piazza, dove aveva parlato di libertà. « Pensa a Badaloni — aveva detto l'amico — lascia stare Nando Palmieri, Marino Murin, Livio Rizzi, le nebbie dei poeti, U sole sugli argini, te ne occuperai dopo, se credi. Oggi pensa alla tubercolosi, non ai sonetti. Pensa all'analfabetismo, alla promiscuità scandalosa di quelli laggiù ». Jl dottor Milani è il più giovane dei cinque medici che curano le cinque vaste condotte del vastissimo comune di Porto • Tolte. Un giovane robusto e allegro che regge bene ai disagi della professione. Per fortuna gli abitanti di Cà Tiepolo, Donzella, Camello e Fraterna — che sono appunto le frazioni della sua e della «mia» condotta — lo aiutano, come usano da queste parti, in un modo ingegnoso e gentile. Nei giorni delle visite a domicilio, piantano per terra, al princir | pio di una strada o di un sen- Mero per la valle, lunghe canne con attaccato un pezzo di stoffa, un fazzoletto oppure, chi sa scrivere, un bigliettinò di questo genere: « Marangon Mario, terza casa» o € quarto fienile sullo stradone, a sinistra ». Altre canne e bastoni, fermati con le pietre, sono davanti alle case che aspettano il medico, il quale, se non vede quei segnali in giro, può risparmiarsi il viaggio e tirare di lungo, porocàn anca lù. A Camello la miseria è evidente, antica, vittorughiana. Camello è infatti il punto nero della nostra condotta e meglio che una borgata di poveri sembra già, anche per il suo nome bizzarro, un ricordo del passato, una fotografia ingiallita, come se ne esponevano alle mostre della bonifica integrale per «lustrare i progressi dell'edilizia e dell'igiene. Bono trenta o quaranta casupole di un paio di stanzetta ciascuna: le più remote hanno il tetto di paglia e la terra per pavimento, quelle vicine alla strada sono in muratura, e tutte, nell'insieme, fanno pensare a come scorre lento il tempo alle foci del Po, se dopo tanti anni non si è ancora riusciti a trasformare delle capanne da valle in abitazioni decenti. (Mi sono proposto di non fare demagogia, ma Camello, e più oltre Scardovari e le catapecchie di Pila, dove stanno i pescatori ricacciati sugli argini dalla mareggiata, e altri agglomerati di uomini, paglia e bambini non ispirano certamente commenti graziosi). L'acquedotto di Camello I/abitazione più invidiata è la Cà Grande, come la chiamano, essendo l'unica a due piani: quattro vani in tutto, occupati dalle famiglie di Marangon Emilio e di N'accori Umberto. Dieci persone da una parte e tredici dalValtra; setti* otto letti, sposi giovani e sposi vecchi, fratelli, sorelle, cognati, lattanti, sani e malati, salsicce e sacchi ammassati in una medesima camera, come per uno sfollamento che dura da quando Camello è Camello. Stamattina al piano di sopra il vec- chio Marangon si cura l'influenza col vino brulé (sua moglie è stata ricoverata air l'ospedale, per pleurite tubercolare ), al piano di sotto una poppante ha i vermi e, mentre le donne preparano da mangiare, visitiamo due bambini che hanno larghe chiazze di eczema sulla testa. La Cà Grande dispone inoltre di un curioso aggeggio, una specie di grosso uovo infilato in un anello, il quale, riempito di carbonella di ghiaia e di sabbia, serve a filtrare l'acqua da bere. Ma l'acqua fa male, si dice in tutta la Bassa: per le feste di Capodanno quelli di Pila si sono bevuti cinque quintali fra grappe e cognac, e ora Broggio, un robusto e mite analfabeta che ha una bambina a Ietto con la bronchite, è orgoglioso ohe il maschietto di tre anni si scoli un quarto di vino per volta. La grande proprietà L'acquedotto di Camello consiste in un fosso che attinge acqua dal Po di Venezia e che, dopo avere attraversato per dieci chilometri la campagna, servendo ora da fontana e ora da latrina, passa davanti alle casupole. In questo momento ci guazzano dentro i paperi, e si vedono nel fondo barattoli e bottiglie rotte. Per farla breve, le oltre -visita offrono il medesimo spettacolo di promiscuità e di abbandono. E le diagnosi sono press'a poco le stesse: artriti e pleuriti di natura tubercolare, malattie dell'intestino e del fegato, e ancora linfatismo, otiti e adeniti nei piccoli, e ulceri e alcolismo negli adulti. Non c'è il tracoma come altrove, e manca pure il tifo, cacciato forse, pensa Milani, a colpi di bicchieri. Gli abitanti di Camello lavorano, quando c'è bisogno, nella risaia s nella valle, e nei periodi buoni guadagnano anche duemila lire il giorno. Allora mangiano e bevono senza pensare al domani, danno fondo al maiale in poco tempo, per tornare poi alla polenta con le erbe. Cosi si regola pure la gente degli altri villaggi che, non meno aleatori e zingareschi di questo, sono cresciuti via via alle bocche del Po, tra argini e dune, in riva alle valli da pesca o ai margini delle terre demaniali, proponendo di continuo una sottile casistica sul diritto di proprietà e sul rispetto alla legge e allo Stato, e accendendo grosse polemiche sulla giustizia sociale, sul pauperismo e sul malthusianesimo. Le proprietà sono tutte molto estese, centinaia e migliaia di ettari, e sono concentrate nelle mani di pochi, nobili veneti o società anonime. Cà Zuliani, Cà Venier, Cà Dolfin, Cà Tiepolo, Cà Cappello, sono nomi che ricordano diritti troppo antichi per essere oggi accettati pacificamente da tutti. Inoltre la tassazioni sul reddito delle valli da pesca è arretrata e difettosa, facile da eludere; le poche cooperative, come l'Unitagro del capitano di marina Ambrosi, lavorano incertamente ai margini, si pud dire, della ricchezza altrui, e i ricchi, quelli stessi che come a Cà Venier, hanno un concetto agile e vivo dell'industria lizzatone delle aziende, si vedono esposti sempre di più all'avversione del popolino: dei "poveri cani" analfabeti e alticci che vengono lavorati dai parliti estremisti con più energia e assiduità che in passato. Ogni sera gli attivisti partono da Rovigo e tengono riunioni e parlano nelle osterie della Bassa, traghettando V Po molte volte, sino al¬ l'alba. Cosi le soluzioni drastiche del problema, di netta impronta politica, diventano più popolari di quelle meramente tecniche. Anche in questi giorni si è riparlato un progetto dell'on. Carlo Matteotti, nome di ■ grande prestigio, secondo il quale il Delta dovrebbe essere bonificato integralmente e il latifondo spezzato, dando vita a un sistema cooperativistico. Addio anguille e malattie e miseria. D'altra parte i tecnici, contrari a un piano così assolutistico, propendono per una soluzione intermedia; bonificare le valli ormai invecchiate o trascurate e industrializzare invece, secondo un criterio moderno, quelle ancora efficienti. Radicali e riformisti, per cosi dire, sono però concordi nel muovere molte accuse alta grande proprietà. Cinquantanni fa, ai tempi di Badaloni, convenne ai grandi proprietari assenteisti avere una mano d'opera di anal¬ iiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiniiiiimiiiiiiiiiiiiiiMiiiiii fabeti, abbandonati a se stessi. Ita oggit Sarebbe sciocco e demagogico supporre che gli eredi di quei primi proprietari vogliamo seguitare su quella strada; ma è vero che, vivendo lontani, molti di essi si sono estraniati dalla vita e dalla gente di qui e chiusi in se stessi, fermi alle vecchie abitudini, han finito per dimenticare che il Delta avanza, prevale sul mare ogni anno di più, circa 113 ettari, e che insieme cai suoi milioni di metri cubi di terra avanzano, si ingrossatio le questioni politiche, sociali, sanitarie. In nessun'altra terra come in questa, appare necessaria un'opera larga, paziente ma ormai rapida, di educazione popolare. Sono termini che altrove possono suonare astratti o ambigui, per Vabueo che se n'è fatto, ma che qui, in queste valli primitive, serbano ancora un accento genuino, nudamente umano. Giorgio Vecchietti niiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiii