SOSANDRA di Filippo Sacchi

SOSANDRA SOSANDRA Mi aspettava in fondo alla Baia, vicino alla porta. Non la vidi subito, perchè mi ero accostato alla vetrina di centro, attratto dalla grande anfora di Menone. Fu nel chinarmi da lato, per esaminare il fregio del manico, che Bcorsi riflesso nel cristallo il suo viso. Era appoggiata al muro e teneva il collo leggermente piegato verso sinistra. Nel mattino invernale veniva dall'alta finestra una luce (piena d'acqua e di vento. Riconobbi la guancia colma e carnosa, il nasotto corto e largo, il labbro superiore breve e infantilmente rialzato, gli occhi a mandorla sotto lo epigolo netto dell' arco orbitale: Sosandra. Mi avvicinai pieno di emozione, e quando le fui davanti mi guardò, e ini riconobbe. Chi non ha mai provato a studiare una statua non può rendersi conto dei rapporti speciali che si stabiliscono tra essa e noi. Attraverso la continua contemplazione, il contatto quotidiano delle misurazioni e dei rilievi, la incessante domanda, delle congetture,'finisce per formarsi una silenziosa e irreale intimità, un legame stabile e misterioso, come sono tutti quelli che hanno un termine inconoscibile. Si stabiliscono alle volte dei veri e propri matrimoni indissolubili, per cui una statua porta per sempre il nome di colui che l'ha studiata, come la meravigliosa testa di dea della collezione Laborde, che si chiama testa Weber, da' quel David Weber che in Venezia per primo la studiò, o la Aspasia Amelung, o la Persefone prassitelica di Monaco che si chiama correntemente « la ragazza di Brunn», da» Bruniische Màelcheti, perchè era la preferita- di Brunn quando insegnava a Monaco. Non era giovane Brunn, nemmeno bello, e aveva gli scopettoni e la pancia, però quel divino ovale, quella luminosa as6Ìmetria, quello sguardo dolcissimo e pieno di pensiero, sono suoi, sono «la ragazza di Brunn ». Cosa volete che sia, in confronto, av.re Rita Hayworth! Perciò sono sicuro, proprio sicuro, che in qualche modo assolutamente incontrollabile e arcano, tra i mille e mille visitatori che le erano passati dinanzi al Kunsthaus di Zurigo, Sosandra mi ha riconosciuto quella mattina. Ero molto giovane, quando ci anammo. Studiavo allora la scultura greca del V secolo, e naturalmente ero' affascinato dal problema di Kalamis, questo oscuro artista che esce per primo sulle soglie dell'arcaicismo anonimo, recando sulla palma della mano il pericoloso dono della sensibilità. Ebbene, proprio' in quegli anni era successo un fatto estremamente importante per tutti i giovani che, nel mondo, studiavano allora la sciti tura greca del V secolo : Giovanni Patroni, esaminando una testa che il Mariani aveva scoperta poco prima, tut ta sporca e impolverata, in mezzo ad altri frammenti e cocci antichi ammucchiati in un ripostiglio del Gabinetto archeologico -dell'Università di Pavia, l'aveva identificata per una copia greoa della più famosa opera di Kalamie, la cosiddetta Sosandra. Cosi la conobbi. Ed ecco che ora, dopo tanti anni, dopo tanto girare, tanto sbagliare, tanto soffrire, per uno di quegli strani appuntamenti che soltanto sa fissare il destino, la ritrovavo in quella città straniera, sotto quel grigio cielo del nord, e la guardavo,1 ed ella mi guardava, diritto.negli occhi, con la sua serietà tranquilla, animata da quell'inconscio e quasi latente sorriso che è nella serietà di tutti gli esseri deliziosamen te giovani. Perchè Sosandra è immor tale, e questa era la singola rita del nostro incontro, tanto diverso dagli altri incon tri con le donne che ai sono amate in giovinezza, che suo viso era intatto, senza ombra di tempo e di rughe Era una Marie Arnoux rima • sta a vent'anni. Ma Sosandra è una dea. E' un'Afrodite, l'Afrodite Soteria, la Salva trice (Sosandra è un nome che vuol dire appunto «sai vatrice d'uomini ») : si, un po' come noi diremmo, la Madonna della Salute. Per che lo sapete, esistevano anche allora tanti Apolli, tanti Dionisi, tante Afroditi, ecc tutti distinti secondo i loro santuari o secondo i loro di versi attributi; e come c'erano le Afroditi amorose, le Afroditi marine, le Afroditi pandemie, c'erano anche le Afroditi caste, le Afroditi « uranie • (la Venere oeleste del Foscolo), protettrici del le fanciulle, delle fidanzate e delle nuove spose. Di questa classe era l'Afro dite della Salute, la Sosan dia. Kalcuiiis la aveva rap pvttgtdElinilllegtPccntqgtg"ttdggeezriqfirgmfmnncnueezasticimcmdQszdlsng"slsOattsecce presentata in piedi, il capo velato, la persona interamente avvolta nel pesante himation, che le ricadeva in larghe e semplici pieghe sino a terra, un portamento pieno di affabile e pudica nobiltà. Era la raffigurazione, idealizzata, della giovane donna, in quel periodo impreciso tra il distacco dalla pubertà e l'inizio dell'amore. Chi ha letterariamente espresso meglio di tutti questo momento della donna è Praxilla. Praxilla è una poetessa greca, vissuta 2300 anni fa, di cui non ai sa assolutamente nulla, e che ha lasciato soltanto nove versi, due dei quali sono tra i più belli e gentili della storia della letteratura. Ecco come vi coglie una giovane donna, nel"'atto di spiare maliziosamente attraverso una porta: «O tu che così vezzosa sogguardi attraverso i battenti - vergine nel capo, dal petto in giù sposina novella*. Questa era Sosandra. E tanti anni erano passati, quasi lo spazio di una vita, ma io la ritrovavo a quel punto, in quell'attimo identico del suo fiorire, come un bocciolo arrestato nella luce e nella rugiada di un'alba miracolosamente perenne. E questo erajforse un po' triste, ma era meraviglioso. Allora, nel turbamento, nella commozione, nella te- 'nerezza di quell'incontro, ho1 capito che lacuna è, per la j nostra epoca, la mancanza di una mitologia. Questi dèi e semidei, questi simulacri esemplari che intere generazioni di artisti contribuivano a elaborare, e che, cessato lo. stadio della creazione, infaticabili copisti diffondevano in tutte le parti del mondo' conosciuto, erano, prima che immagini del culto, grandi modelli, nei quali gli antichi condensavano in modo permanente, gli ideali umani della bellezza e della virtù. I Questi ideali stavano, così visibilmente trascritti, in mezzo agli uomini, come punti di riferimento fissi, e, per la loro presenza, gli uomini sii sentivano meno effimeri, meno deboli, meno soli. Tanto giusta e provvidenziale era "a loro funzione che il cristianesimo stesso, superata la prima fase di lotta, si associò addirittura 1' antico Olimpo, e accanto a Cristo e ad suoi santi, le divinità mitologiche ripresero, iconograficamente e moralmente, il loro subordinato ufficio di modelli. E sin che gli uomini credettero, anche solo letterariamente, in questi modelli, fu per essi un grande appoggio. Ecco perchè i nostri nonni, poverini, fecero sforzi così disperati per tener in piedi Giove, Marte, Minerva, Psiche, le Grazie, e tutta la baraqpa mitologica, sin quasi alla fine del secolo scorso. Era ormai una partita perduta, ma essi, che erano savi, capivano che l'uomo ha bisogno di una mitologia. Infatti appena, col dannunzianesimo, gli dèi greci tracollarono definitivamente nelle case di appuntamento, scoppiò la prima guerra mondiale. Il treno del Gottardo partiva all'una. Non ho più riveduto Sosandra. Filippo Sacchi

Luoghi citati: Monaco, Venezia, Zurigo