La rivalutazione dei bilanci

La rivalutazione dei bilanci La rivalutazione dei bilanci Man mano che si procede innanzi nell'opera complessa della stabilizzazione del valore* della nostra moneta, molti problemi necessariamente trascurati o accantonati per un tempo migliore dovranno essere risolti e tra di essi, forse primo per importanza, dato il grande peso che le società Hanno nell'economia nazionale, è quello delle rivalutazioni delle partite dell'attivo e. del passivo dei bilanci societari. Finora la contabilizzazione degli attivi e dei partivi societari è proceduta con criteri razionali ma solo in apparenza. Basti guardare a un qualunque bilancio di società, per scorgere subito come molte sue poste non possono essere prese sul serio. La prudenza ha consigliato di valutare gli immobili, gli impianti, il macchinano, molte scorte, ai loro valori di costo, valori sopportati in diverse epoche quando le lire di anteguerra, di guerra e di dopoguerra non aveva no, sotto T'aspetto del potè re d'acquisto, alcuna parentela tra loro. Ma è stata una prudenza pericolosa, non solo perchè ha indotto a som' mare quantità del tutto erte rogenee, modo contrario al' la veridicità dei bilanci, ma perchè il mancato aggiornamento dei valori di bilancio ha alterato il processo di ripartizione degli utili veri di esercizio, sia nel senso di occultarne una parte, sia in quello di distribuirne più di quanto la situazione economica delle società consentiva. Questo, per non dire del fatto che le borse, così sicure in tempi normali nella valutazione reale dei patrimoni societari, sono diventate incapaci nello svolgimento di questa loro funzione (ragione non ultima delle a volte inspiegabili oscillazioni dei valori di borsa), e dell'altro fatto non meno rilevante che il fisco doveva procedere, nei suoi accertamenti, su un terreno irto di dati convenzionali e immaginari, per cui 1 suoi computi aritmetici erano largamente illusori oltre a prestarsi a facili abusi da parte degli amministratori che non fossero per proposito scrupolosi dell'interesse pubblico. Fu già tentato a varie riprese, dopo l'ultima guerra, di fronteggiare questo stato di cose, fi decreto legislativo del 14 febbraio 1948 consentiva la rivalutazione degli attivi e il loro passaggio a capitale ma con l'obbligo del pagamento dell'imposta di registro del 4% sui saldi trasferiti. E precedente decreto del 13 settembre 1946, poi abolito, stabiliva addirittura la devoluzione del 25% di essi all'Erario. Si era infatti pensato che uno dei compiti dello Stato fosse quello di impedire il gonfiamento dei valori di borsa cui avrebbe portato l'incremento monetario del patrimonio sociale. Sì era anche pensato che fosse ingiusto attribuire alle società tutto il maggiore valore degli attivi, mentre i creditori delle loro partite di debiti dovevano subire tutto il peso della svalutazione della moneta. Compiti evidentemente illogici, sia perchè non è lo Stato l'ente più attrezzato a compiere delle valutazioni difficilissime, sia anche perchè il vantaggio ottenuto dalle società a spese dei creditori è ancora di più ardua calcolazione, tutte le imprese essendo contemporaneamente debitrici e creditrici fra di loro con un groviglio di rapporti che nessuno saprebbe risolvere e classificare praticamente con una tollerabile adeguatezza. 01treciò la tassazione delle rivalutazioni sarebbe stata giustificabile ove lo Stato ne avesse dato l'esempio nel confronto dei proprii creditori monetari, creando come presupposto necessario uno speciale fondo in cui raccoglierle per distribuirle in seguito, ma non già utilizzandone i cespiti per coprire ; proprii bisogni finanziari normali. Il Parlamento si trova oggi di fronte ad un nuovo progetto di legge, approvato già dalla Commissione senatoriale, con cui i saldi attivi di rivalutazione eccedenti l'ammontare della rivalutazione del capitale più le riserve verrebbero sottoposti solo più all'imposta di R. M. in categoria B, ma non conteggiando quella parte destinata a provvedere alla copertura dei fondi di quiescenza secondo una giusta proposta dell'on* Paratore e respingendo invece un'altra non meno fondata proposta dell'on. Ricci che contemplava la rivalutazione delle scorte e delle merci. Questo nuovo progetto ci pare tuttavia preoccupato intorno a pericoli che non sono tali in sostanza. Come aveva' già avvertito vent'an ni fa Luigi Einaudi, si trai tftsvlvsiccibsadvlbvcttoadcttzmvvqcvsvridegiatsrintsmtn ta di ridare significato a cifre di bilancio le quali da tempo hanno perso qualsiasi significato. Se, infatti, si vuole rimettere sul piede della corrente moneta tutte le valutazioni di bilancio, quésto problema va risolto fino in fondo e non a metà, e perciò tutte le partite di bilancio che furono soggette alle influenze monetarie dovrebbero trattarsi alla stessa stregua. Anzi si dovrebbe andare più in là. Non solo si dovrebbe rendere legislativamente obbligatoria la rivalutazione di tutte le poste di bilancio, ma essa non si dovrebbe fare secondo coefficienti di svalutazione monetaria prefissati dal legislatore, perchè nella realtà, ognora cangiante, solo gli amministratori sono in grado di stabilirne la misura, conformemente alle loro particolari condizioni di mercato e alle particolari condizioni di ciascuna impresa. Può darsi che in questo modo utili veri di bilancio vengano camuffati come ri' valutazioni. Ma a scansare questo pericolo basterebbe che per uno o due esercizi venisse indicato tra parentesi, sul bilancio, la parte dei valori delle varie poste che risultano dalla rivalutazione disposta obbligatoriamente e precisata volontariamente giusta i criteri delle varie imprese. Gli uffici finanziari avrebbero cosi modo di fare tutti gli accertamenti necessari, richiedendo le necessarie prove: un compito cui sono o dovrebbero essere attrezzati. Altrimenti, non ci sarebbe soltanto il rischio ma senz'altro la certezza che tutti i coefficienti di rivalutazione consentiti per certe poste dalla legge verrebbero adottati, anche quando la rivalutazione dovrebbe essere minore, per sottrarre utili veri alla tassazione. Rivalutare parzialmente avrebbe significato, se il Governo pensasse di ritoccare il valore della moneta, accréscendolo, che è una possibilità del tutto teorica, o se pensasse veramente di' compensare i creditori monetari cui il nominalismo della-moneta portò gravissimi danni. Possibilità anche questa del tutto teorica, sebbene confortata da formidabili ragioni morali. Rivalutare parzialmente le poste di bilancio significherebbe altresì procedere in un successivo tempo ad un supplemento o acBctgdsltudcsgstmcsttledclsnpiù supplementi-ai «valute-I zione. La limitata capacita | professionale degli uffici fi nanziari sarebbe messa ad una prova molto più ardua di quella che si darebbe ponendoli di fronte alle rivalutazioni attuate tutte in una sola volta. Giovanni Demaria \

Persone citate: Giovanni Demaria, Luigi Einaudi, Paratore, Ricci