Diminuita ostilità a Londraperla restituzione delle nostre Colonie di Domenico Bartoli

Diminuita ostilità a Londraperla restituzione delle nostre Colonie Diminuita ostilità a Londraperla restituzione delle nostre Colonie Quel che avrebbe ottenuto Schuman - Più concrete speranze per la Tripolitania - Come si presenta il problema dell'Eritrea a (Dal nostro corrispondente) Parigi, 18 gennaio. Si delinea un importante sviluppo nella complicata questione delle nostre colonie. Gli ambienti responsabili si mantengono riservati, probabilmente per non compromettere i negoziati futuri. Ma possiamo rettificare le prime notizie sull'incontro di Londra: i colloqui Schuman-Bevin hanno avuto risultati precisi e positivi per noi; li conosceremo solo via via. , Per adesso si può dire che un progresso è avvenuto: le nostre probabilità di tornare in Tripolitania sono assai aumentate. Passiamo in rapida rassegna il malinconico scacchiere dei nostri vecchi territori d'oltremare. Un giornale parigino, Liberation, dà qualche particolare stilla soluzione proposta da Sforza a Schuman e da Schuman a Bevin per l'Eritrea. La soluzione è già nota in parte. Si tratterebbe di costituire, la colonia in un mandato comune italofranco-inglese, oppure della Unione Europea, dopo avere assicurato lo sbocco al mare al Negus attraverso la Dancalia e il porto di Assab. E una soluzione ardita e nuova, non si è ancora fatto un esperimento simile di mandato, diciamo così, multiplo. Che ha risposto Bevin? II giornale parigino non ne sa niente. Per parte nostra non ci risulta che abbia mostrato molto favore per la proposta. Le prospettive per VEritrea sono piuttosto contrarie. Il Negus ha detto e ridetto di essere pronto ad accogliere coloni italiani, ad aprire i suoi territori alla nostra espansione pacifica. E' giunto perfino a fare la cifra, assai ottimistica, di 9.00.000 coloni. Ma pone la condizione esplicita della nostra rinuncia all'Eritrea. Ediffìcile che il Governo di Roma si adatti a ciò spontaneamente; ed è quasi altrettanto , -! dt^ìc«e che riesca a ottenere o\^l^e^^de\^ MBe e! «naztoni i nostre colonie. Possiamo considerare praticamente, sicuro U ritorno della Somalia, alla quale nessuno si interessa; quasi certa invece la perdita della Cirenaica. Gli inglesi danno sempre maggiori'segni di autonomia HIIIIIIIIIIUIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIillllllllUIIIIIIIIIUIII dvttnervuaizdcPszzcsdftdaddlfpfp e o a e a I a l à di . a i e à i l dì /ro«*e agli Stati Uniti. Si veda per esempio il loro atteggiamento nel Medio Oriente, oppure la loro reticenza nella formazione dell'Unione europea, che sta tanto a cuore agli americani. E perciò vogliono avere in Cirenaica una serie di basi navali ed aeree proprie, senza alcuna interferenza altrui. Una soluzione che consiste nel ritorno della colonia all'Italia con la concessione di basi a tutte le Potenze occidentali, non può soddisfare così quelli che, senza offesa, per pura constatazione, bisogna chiamare i social-iwperialisti di Londra. E la Tripolitania f Per questa colonia ci sono grosse novità. Bevin è stato convinto da Schuman a esaminare una formula che concila, nei limiti del possibile, il nostro desiderio di ritornare laggiù e le aspirazioni, vere o gonfiate, delle popolazioni all'indipendenza. Non so di quale formula esattamente si tratti. Ma è facile vedere che ormai i rapporti fra le Potenze europee e i Paesi del Levante e dell'Africa mediterranea non sono più impostati nei vecchi termini coloniali. La Tunisia, formalmente, è un Protettora to con un principe sovrano, il Bey; l'Algeria è un dipartimento francese. L'Inghilterra poi ha mostrato una straordinaria fantasia nel trasformare, a mano a mano, i suoi rapporti con i Paesi arabi, ai quali ha concesso gradualmente una indipendenza nominale, senza perdere la disposizione détte basi e il dominio detta vita economica. E' il caso dell'Irdk e della Transgiordania, e sarà il caso della stessa Cirenaica, dove l'autorità britannica si eserciterà attraverso il Gran Senusso. E' possibile una trasformazione analoga nei rapporti fra Italia e Tripolitania? Verso quali modelli possiamo orientarci per trovare una nuova formula di convivenza, un nuovo modo per mantenere la nostra influenza e la nostra espansione dall'altra parte del Mediterraneo? Le informazioni che ho potuto raccogliere sotto vaghe. Ma posso affermare che un progresso è stato compiuto u Londra con la mediazione di Stìhuman. Bevin si è mostrato disposto a sostenere una soluzione che non ci escluda del tutto dalla Libia. E non c'è ragione di pensare che gli americani debbano essere meno favorevoli degli inglesi. Questo è U mutamento avvenuto nel problema delle colonie dopo l'incontro di Londra. Adesso si tratta di agire in quel senso nei tre mesi che mancano alla decisione. Possiamo fare affidamento sitila amicizia francese. Non dobbiamo nasconderci fin d'ora l'aspetto finanziario del problema coloniale. Gli americani se ne mostrano preoccupati e con ciò alludono, più o meno direttamente, ai loro aiuti che ci hanno permesso di vivere finora. Hanno l'aria di dire: « Non vorrete che saldiamo anche i conti dette vostre colonie? ». Sembra che occorra una spesa immediata di una cinquantina di miliardi solamente per la Tripolitania e l'Eritrea, e poi almeno una trentina di miliardi all'anno. Alcuni diranno che è molto per un Paese che Ita un passivo di oltre quattrocento mi¬ lirnEintolavnssbgstnIcpsbddrL• lLLriiiiiiiiiiiiifiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii liardi, se ricordo bene; altri,risponderanno che vale la pe- ; na di spendere in queste cose. \ - ' E gli uni e gli altri avranno in parte ragione e in parte torto. Ma il Governo non può lasciarsi influenzare eccessivamente da considerazioni finanziarie. C'è in Italia uno stato d'animo diffuso che nessun partito al potere potrebbe trascurare: c'è una nostalgia per l'Africa che, se venisse completamente delusa, potrebbe favorire ritorni nazionalistici e reazionari. Domenico Bartoli