I contratti agrari e il collettivismo di Giuseppe Medici

I contratti agrari e il collettivismo I contratti agrari e il collettivismo In Italia, su di una superficie agricola e pastorale di circa 23 milioni di ettari, operano 4,2 milioni di aziende agrarie, le quali forniscono il reddito a circa la meta della popolazione italiana. Negli Stati Uniti d'America, su di una superficie « compresa in aziende agrarie » di circa 460 milioni di ettari, operano 5,8 milioni di aziende, le quali forniscono direttamente il reddito al 19% della popolazione. In Italia, il numero delle aziende agrarie continua ad aumentare, perchè sembra sia impossibile arrestare il frazionamento anche delle piccole e piccolissime unità; negli Stati Uniti, invece, durante l'ultimo decennio il numero delle aziende agrarie è diminuito di circa settecentomila unità e dal 1920 al 1945 quindici milioni di rurali hanno abbandonato l'agricoltura per dedicarsi ad attività non agricole. Questo imponente trasferimento di popolazione, mentre ha consentito l'eliminazione di un grande numero di piccolissime aziende, ha accentuato il movimento verso un ideale tipo di media azienda, altamente meccanizzata. La riduzione delle grandi aziende è stata contemporanea alla riduzione delle piccolissime, ancora frequenti nel Sud e che rappresentano uno dei più gravi problemi per l'agricoltura di quel Paese. Ma quel grandioso movimento di forze umane e di capitale verso la più conveniente forma di struttura agraria è stato possibile perchè l'agricoltura americana conserva un alto grado di elasticità, che quel Governo gelosamente difende. Non è quindi il mito del colossale quello che ipnotiZ' za gli agricoltori statunitensi; questo mito è già esploso da decenni ed ha lasciato come retaggio un alto insegnamento: in agricoltu ra è l'azienda contadina (e tale resta anche se frequentemente integrata da lavoro salariato) quella che si di mostra, a lungo p.ndare, la più solida e la più convenien te per la pubblica e la pri vata economia. La mano d'opera occorrente ai 5,8 mi lioni di aziende agricole americane è infatti ' fornita per i tre quarti dagli stessi membri delle famiglie im prenditóri, e soltanto per un quarto da salariati. Ho voluto richiamare que sti fatti poco noti alla pub' blica opinione italiana perchè essi confermano che un alto livello tecnico ed una intensa produzione sono per lettamente compatibili con le piccole aziende familiari, purché si mantenga l'elasticità degli ordinamenti prò duttivi e cioè le loro attitu (lini ad adattarsi alle mute voli condizioni della tecnica e dell'economia. Ciò spiega la perplessità ehe il disegno di legge sui contratti agrari, formulato dal Governo con la generosa volontà di contribuire al prò fresso dell'agricoltura ed al enessere dei contadini, ha fatto sorgere anche in persone profondamente convin te della necessità di una ri forma agraria. Non è il fine da conseguire, che qui si discute: sono gli strumenti tecnici più idonei per realizzarlo che si esaminano, per scegliere quelli più congrui con la nostra realtà. Ho la netta impressione ehe, mentre la pubblica opi nione ha pienamente avver tito le conseguenze della legge proposta, queste non siano state esattamente valutate dai propugnatori; . quali non hanno abbastanza considerato il fatto che le disposizioni formulate in te ma di disdetta rendono anelastico tutto il sistema. A meno che la ingiusta causa non venga limitata a pochi casi fondamentali (primis simo quello della rappresa glia) l'imprenditore, che nel nostro sistema economico ha la responsabilità della produzione, viene posto nelle condizioni di dover dipende re, in una delle due scelte fondamentali, dal giudizio di un magistrato, il quale al riguardo, non può avere nessuna responsabilità. Si aggiunga che alcuni parla mentari sostengono la ne cessità di estendere il prin cipio della giusta causa an che ai salariati fissi, nel qual caso la nostra agricoltura fondata sull'iniziativa pri vata, si trasformerebbe in una economia di tipo collet tivistico. Un tale provvedi mento (che per fortuna rap presenta un pericolo estre inamente improbabile) sa rebbe contro la logica del vi gente sistema ed in contraddizione con l'indirizzo generale della nostra politica economica. La riforma agraria promessa al popolo italiano prima del 18 aprile è stata precisata soprattutto come riforma intesa a demo¬ lirdecodequfoumnonapotipml'itrstprnefopiabangustmquneragitupostditecachnonol'chdosemgl'sadrzistcdpsinddeftavpIUsCdfldastsidlcPpd«vcbpmcaNulss lire i monopoli e i privilegi della grande proprietà, non come riforma collettivistica della produzione agricola. La « terza via », lungo la quale si può armonizzare la fondamentale esigenza di umana solidarietà con il pieno manifestarsi della personalità, trova la sua più importante realizzazione nei tipi di agricoltura.familiare, ma per attuarla bisogna che l'iniziativa privata, pur controllata dallo Stato, sia posta nelle condizioni di poter prosperare. La dimostrazione luminosa del suo valore fondamentale, specie nella piccola e media impresa, la abbiamo avuta negli scorsi anni quando, usciti dalla guerra, si è iniziata la ricostruzione. Gli scrittori inglesi chiamano «il decimo sommerso» quella parte della popolazione che sembra debba, inesorabilmente, vivere ai margini della società o in istituti di cura o di pena; all'opposto del decimo sommerso sta il decimo degli imprenditori. E' su questi uomini, sulle possibilità loro offerte dallo Stato di poter esplicare nell'interesse di tutti loro capacità di lavoro, che riposa il benessere economico della collettività. Sono essi che possono ridurre l'enorme spreco di lavoro che si fa nelle nostre società, dove lo Stato interviene sempre più nella vita economica. E' ad essi che bisogna guardare, specialmente nell'agricoltura, se vogliamo salvare il patrimonio dei pa dri, incrementare la produ zione, e così far fronte ai nostri bisogni, senza dover ricorrere all'aiuto straniero. L'ulteriore ossificazione della nostra agricoltura, già per tanti aspetti in declino, evitata se la privata ssatmimslatsunimrctpcpmpgrifUaacunrcrppnsarà evitata se iniziativa non perderà la fi , ducia nell'esercizio della prò-! duzione; in caso contrario\essa perderà il fiore delle sue! forze tecniche ed organizzative, che le consentono di adempiere, sia pure attraverso mille difficoltà, al proprio fondamentale dovere. Giuseppe Medici IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIHI

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