In attesa della sorte di Roatta e Carboni

In attesa della sorte di Roatta e Carboni In attesa della sorte di Roatta e Carboni Forse sapremo la storia della fuga dall'ospedale dell'ex-capo di S.31. Roma, 1 gennaio. Non dovrebbe passare ancora molto tempo e qualcosa si potrà, finalmente, sapere sul come 11 generale Mario Roatta, già capo del S.I.M., già capo di stato maggiore dell'esercito, riuscì a filarsela via da quell'ospedale « Virgilio » le cui finestre si aprono sul Lungo Tevere mentre, a poche centinaia di metri, i sette magistrati dell'alt» corte di giustizia lo stavano per condannare, come poi fecero, all'ergastolo. Si tornò a parlane di Roatta quando la Cassazione annullò la sentenza dell'Alta Corte di Giustizia che lo aveva condannato, per atti rilevanti, all'ergastolo perchè si credeva che fosse libero da altra accusa. Ci si era dimenticati che su di lui penava anche un mandato di cattura spiccato dall'autorità giudiziaria militare per la mancata difesa di Roma la cui responsabilità penale venne a ricadere, dopo l'esame di una commissione, sulle sue spalle e su quelle del generale Giacomo Carboni. Fu allora che si ebbe la sensazione come il rifugio di Roatta non fosse poi molta lontano dalla capitale. La verità vera è che tanto Il rifugio di Roatta quanto quello di Carboni, suo principale nemico e accusatore anche'se imputato dello stesso reato, sono stati in nascondigli, possiamo dire, dorati, dove nessuno li ha mal disturbati dove entrambi hanno potuto ricevere, tranquillamente, se non altro le visite dei propri parenti e del propri legali, Ferruccio Liuzzt, per il primo, e Ottorino Petroni per il secondo. ' Ma c'è di più: Carboni proprio dal suo rifugio ha avuto la possibilità di iniziare, non moltissimo tempo addietro, una violentissima polemica giornalistica con coloro che, attraverso la stampa, avevano attaccato la sua attività nei giorni immediatamente successivi all'8 settembre '43 arrivando anche al punto di farsi intervistare da un cronista suo amico. Ora poi che il momento della liberazione sembra sia imminente (la richiesta di una assoluzione per entrambi gli imputati, avanzata al termine della sua requisitoria dal Pubblico Ministero, dovrebbe essere accolta, secondo le Informazioni più attendibili, dalla magistratura giudicante) Carboni ha affilato le sue armi e ha già fatto sapere ad alcuni giornali di avere pre parato degli artìcoli su quell'argomento, che sembra es sere diventato l'unico suo pensiero dominante da cinque anni a questa parte: la difesa di Roma. Per abbandono di comando e resa al nemico, tanto Roatta che Carboni vennero denunciati al Tribunale militare, dopo che una commissione, presieduta dall'allora sottosegretario alla guerra avvocato Palermo, aveva esaminato gli avvenimenti romani subito dopo la proclamazione dell'armistizio. Mentre, però, Roatta si chiuse nel suo nascondiglio in un silenzio impressionante, muovendo lentissimamente le pedine del suo giuoco, Carboni, obbedendo al suo temperamento, parti in quarta denunciando, a un certo momento, per correità tutti, dal re a Badoglio, ad Ambrosio, a Castellano, a Calvi di Bergolo. La storia di quei giorni, a dire il vero, è abbastanza complicata. L'indagine, perciò, della magistratura fu lunga e minuziosa. SI trattò di analizzare attentamente le affermazioni del numerosi testimoni, di esaminare i particolari, di vagliare le risultanze. La conclusione del pubblico ministero è ormai nota: assoluzione per entrambi gli imputati. La loro tesi ha convinto 11 magistrato inquirente. Quella di Roatta, nelle sue linee generali, era abbastanza semplice. Di abbandono di comando lo si accusava? E perchè? ha sostenuto l'ex-capo di stato maggiore dell'esercito, a mezzo del suo legale avv. Femio-ciò Liuzzi. Il capo del gover- no, cioè Badoglio, e il capo eli ,, istruttoria, 1 stato maggiore generale non gli avevano ordinato, forse, di seguire il convoglio reale verso Pescara? D'altra parte la difesa di Roma era stata affidata al generale Carboni, e l'ordine di spostare le truppe verso Tivoli era stato appunto dato da Roatta. DI resa al nemico lo si accusava ancora ? Ma predisposizioni per una difesa della capitale erano state prese, si è obiettato di nuovo. Non si può certo far carico a Roatta se gli eventi precipitarono, se l'armistizio venne reso di pubblica ragione quattro giorni prima del previsto, se una divisione americana aviotrasportata non arrivò mal a Roma, ecc. ecc. La tesi del Carboni è ancora più lineare. Che cosa c'entra egli in tutta la faccenda — questa in poche parole la linea difensiva — se non aveva l'ordine di difendere Roma, ma solo quello di spostarsi verso Tivoli, e se questo ordine venne scarabocchiato su un pezzo di carta e lasciato, mentre tutti i capi maggiormente responsabili pensavano a fuggire? - E cosi, in questo gioco di spinte e controspinte, di accuse e di difese, è venuta fuori la richiesta di assoluzione, che, come già si è detto, troverà molto probabilmente una conferma nella sentenza di ST- fif-