Contratti agrari di Giuseppe Medici

Contratti agrari Contratti agrari ^ L avvio alla riforma agraria dato dal Governo con la legge che oggi si trova di fronte al Parlamento non si può dire sia del tutto felice. La parte positiva è rappresentata dalla manifesta volontà di risolvere alcuni problemi, per promuovere la formazione di una migliore società rurale. La parte negativa è rappresentata dal provvedimento in sè, sia per le sue criticabili caratteristiche tecniche sia per la sua natura economica, la quale fa ritenere che invece di concorrere a liberare i contadini dalla schiavitù della miseria e dell'ignoranza, li leghi sempre di più, per effetto della anchilosi produttiva, al loro destino. E' per questa ragione che, pur essendo decisamente favorevole ad una organica riforma agraria, atta a recare il colpo di rottura là dove vige un sistema di privilegi e di monopoli, ritengo che il progetto, come oggi è formulato, non possa essere uno strumento di progresso. Con questo disegno di legge si verrebbero a creare, nell'ambito della società italiana, dei ceti privilegiati, proprio quando lo scopo della riforma è quello di demolire le roccaf orti del privilegio e di promuovere un più fervido flusso di forze economiche e di energie spirituali fra città e campagna, e cosi accrescere l'intensità della produzione, premessa di ogni seria conquista sociale. Inoltre, esso, dedicato come è a favorire i contadini ricchi ed a consolidarne le posizioni nei fondi che già coltivano, aggrava la situazione dei contadini poveri e poverissimi (salariati e braccianti) ; non soltanto perchè rende loro più difficile il diventare mezzadro, o piccolo affittuario e quindi proprietario, ma anche perche accentua quel dislivello economico e socia le, che rese sempre aggressive le masse bracciantili contro i ricordati piccoli imprenditori terrieri. Le nobili intenzioni che hanno ispirato il Governo nel formulare quel disegno di legge ci consigliano di dire con franchezza che esso è affetto da un costituzionale vizio organico, derivante dal non aver considerato nel suo complesso il problema agrario italiano; esopraLtutto nel non aver voluto subito affrontare i problemi che, come quello del latifondo e del bracciantato, sono più maturi nella coscienza politica italiana « sono stati oggetto di profondi studi da parte dell'Amministrazione dello Stato e di privati studiosi. In codesti settori si poteva anche — e noi ce lo auguriamo di gran cuore — operare con audacia, perchè ormai l'esperienza compiuta, (dalle leggi eversive della feudalità del 1806 e del 1809 fino alle più recenti leggi sul. la bonifica» e sulla colonizzazione) ha accumulato tale massa di conoscenze da renderci perfettamente edotti intorno agli strumenti giuridici e tecnici da applicare per conseguire, con l'incremento della produzione, la sistemazione di più o meno imponenti masse di braccianti. In tal modo si sarebbe coordinato quel tanto di riforma fondiaria possibile nel nostro Paese, con quelle riforme nei patti agrari suscettibili di recare concreto vantaggio ai contadini, senza indebolire la già troppo provata struttura della no atra agricoltura. E' da ritenere che sia stato dannoso per la nostra economia rurale l'avere accolto, per cause del tutto occasionali, imposte da una parte politica che non è sollecita, almeno per ora, dei problemi produttivi, un terreno iniziale di riforme, quello dei contratti agrari, quanto mai infido e pericoloso, perchè, di regola, come mille esperienze insegnano, l'intervento del legislatore in codesti rapporti personali invece di essere fecondo di opere, promuove litigi con grave pregiudizio della produzione. Su quel terreno viscido, che non esito a definire il terreno della invidia e della discordia, si moltiplicano rapidamente i germi del male che da oltre trenta anni sta attivamente minando la società europea. La liberazione dei contadini da residui legami feudali, il loro generoso inserimento in una società moderna ed ih una economia più fervida e più intensa, non si consegue con leggi che fatalmente mettono in contrasto contadini e proprietari, ma con leggi che preparano la rapida decadenza dei proprietari inetti ed incapaci e favoriscono l'ascesa dei contadini capaci e laboriosi. I provvedimenti riformatori, che non da oggi chiediamo, devono avere una loro elementare organicità, essere cioè concepiti nei due aspetti coevi di riforma della struttura fondiaria e di riforma dei contratti agrari Inoltre, in un paese estremamente vario come l'Italia, è praticamente impossibile fa re un'unica ed esauriente leledii bleutcochrialpiTststemfolitaStopnutesaptopacNcliluaècdabtleLdcrdlcivp legge agraria, che soddisfi le particolari esigenze delle diverse popolazioni rurali e i bisogni dell'agricoltura delle singole regioni. Un lavoro utile può essere promosso con una legge fondamentale che formuli i principi delle riforme da introdurre e lasci alle nascenti regioni il compito di tradurle in realtà. Tanto più che la nostra costituzione all'articolo 117 stabilisce che la Regione emana per l'agricoltura e le foreste norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Da anni i pazienti agricoltori italiani ed i non meno pazienti contadini attendono, come la liberazione da un incubo e da un sogno, la temuta e sperata riforma e sarebbe dovere del Governo prendere su questo argomento una definitiva, organica e precisa posizione che valga a ridare la pace alle provate campagne d'Italia. Giuseppe Medici

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