Un esercito di prodi da me guidato

Un esercito di prodi da me guidato Centinaia di persone lavorano alla macchina-spettacolo dell'Arena di Verona Un esercito di prodi da me guidato La frase di Radames si adatta a Carlo Alberto Cappelli, responsabile della stagione lirica estiva più nota nel mondo DAL NOSTRO INVIATO VERONA — Nei ristoranti si servono «Costo/ette all'Aida» e «-Riso alla Carmen», un giornale ha pubblicato una preghiera: «Padre nostro che sei in Arena, dacci anche questa sera la nostra opera quotidiana, un cielo sereno». E intanto l'Ente lirico aggiorna il taccuino dei primati: 16 rappresentazioni, Messa di Requiem compresa, 240 mila spettatori, oltre due miliardi e mezzo d'incasso. Ar-' rivano da tutta Italia e dall'estero,'c'è. gente che parte in pullman da Monaco al mattino e torna la sera stessa. L'Arena è prima di tutto . un grosso affare, una potentissima calamita che attira turisti e distribuisce a Verona 25 miliardi all'anno in moneta forte. L'unico inconveniente? Il tempo. Doveva andare in scena la «prima» della Gioconda, il 10 luglio; da un mese pioveva ininterrottamen- ■ te. Il sovrintendente Carlo Alberto Cappelli telefonava ogni mezz'ora all'ufficio meteorologico. Si domandavano a Verona: «Vincerà la pioggia o la solita fortuna di Cappelli?». Facile indovinare: la sera del 10 luglio non s'è vista una goccia d'acqua: terminata la Gioconda è ricominciato a piovere. . Per il resto tutto funziona come un cronometro di precisione. L'Arena è un ingra- • naggio complesso che si mette in mote ogni sera con le sue regole ben precise. Il direttore d'orchestra alza la bacchetta per dare il via allo spettacolo e .1300 persone entrano in azione. Un grosso spettacolo davanti e dietro le quinte. Professori ' d'orchestra (150). comparse (200), coristi (220) e poi ballerini, elettricisti, sarti, maestri di trucco. Una specie di formicaio che si agita nervosamente negli spazi del teatro. La parte del leone la fanno i macchinisti. Sono loro a smontare le scene, a trasportare obelischi, costruire palazzi e ambienti. In un teatro normale ci sono mac¬ chine, attrezzature che permettono di sollevare le cose dall'alto. In Arena no. Si lavora a forza di braccia. Termina il primo atto dall'Aida, si spengono le luci. In pochi minuti bisogna smontare una enorme piramide e «trasformarla» nella scala "che servirà per il Trionfo del secondo atto. Una cinquantina di uomini partono all'attacco. Afferrano incastri, rovesciano, incrociano gli elementi della scena. Altri portano via il materiale ormai inutilizzato (pezzi, che pesano a volte alcuni quintali, come una parete della Cà d'Oro, terzo atto della Gioconda, da trasportare per circa 200 metri), mentre gli elettricisti mutano gli effetti delle luci, le sarte cambiano i costumi ai cantanti e al coro. Si lavora in lotta col tempo. «L'Arena è un teatro normale moltiplicato per cento — dice Nando Campolmi, tecnico delle luci — che ha come unica entrata sul palcoscenico l'arcane centrale, da dove deve passare ogni cosa» Eppure i registi riescono a fare miracoli, Da un'unica porta di dimensioni normali entrano sulla scena della Carmen un esercito di comparse, sei cavalli, una carrozza. E anche una migliore utilizzazione degli spazi riesce a dare l'illusione di scene corali con un gran numero di comparse. Vent'anni fa per Z'Aida si impiegavano 2 mila comparse — dicono i tecnici — poi si è scesi a mille, quindi a cinquecento: oggi sul palcosce nicone abbiamo 113, gli spasi sono pieni e i risultati gli stessi». Quanti segreti nasconde l'Arena? Molti. Dietro le quinte lavorano altri protagonisti. Come i sessantacinque professori della banda che serve ad integrare in determinati momenti il suono dell'orchestra, ed i cantanti del coro. Loro non possono vedere il palcoscenico: sullo schermo di un piccolo televisore a circuito chiuso collegato con l'esterno, appare ibi direttore d'orchestra. Tutti guardano la sua bacchetta. «Capita che nell'eseguire un pezzo, coro e banda debbano cominciare insieme all'orchestra. La difficoltà sta in questo — dice il direttore d'orchestra Anton Guadagno —: se sono molto lontani, dietro le quinte, i maestri del coro e della ban' da devono essere in grado di anticipare la battuta del direttore, in modo da iniziare nella stessa frazione di secondo dell'orchestra». Ci vogliono parecchie,prove prima di raggiungere' l'Intesa perfetta, anche se ogni esecuzione fa storia a sé. Basta una serata afosa per mettere in crisi un direttore. «Se ti ingolfi in un pianissimo il suono non s'alza bene, gli archi e gli ottoni non rendono — dice Guadagno —. E' successo alla "prima" della Gioconda: ho dovuto chiede¬ re un suono più alto all'orchestra. Ma anche in questo caso bisogna stare attenti: il suono non deve superare una certa misura, altriménti l'orchestra diventa banda musicale». Passeggiando nell'Arena durante le prove può capitare di incontrare uno degli aiuto registi con un occhio nero. Infortunio sul lavoro? Il cazzotto di uno spettatore inviperito? Né l'uno né l'altro. Durante una pausa dell'Aida, l'aiuto regista stava compiendo alcuni controlli sul palcoscenico a luci spente. Lo spettacolo stava per ricominciare e i cantanti erano già schierati. Senza immaginare che un estraneo potesse trovarsi in scena, gli elettricisti hanno acceso le prime luci. C'era il rischio che dal pubblico partisse una raffica di fischi: che ci faceva quel giovanotto in jeans proprio vicino a Radames sullo sfondo delle piramidi egizie? Sono bastati pochi secondi. L'aiuto regista è saltato dal palcoscenico nella parte inferiore dell'Arena invisibile agli spettatori. Un volo di 4 metri: nella caduta ha battuto il viso contro uno spuntone di legno. E poi c'è il pubblico, generoso, pronto a infiammarsi al primo acuto. Lo sa bene il tenore Payarotti. Alla fine del primo atto di una recita della Gioconda è cominciato a piovere. Lo spettacolo era finito, ma i fans giunti dall'Emilia si sono messi a gridare: «Luciano, cantaci almeno Cielo e mar». Pavarotti non ha resistito. Si è fatto portare un pianoforte sul palcoscenico e li ha subito accontentati. Oggi ne sconta le conseguenze^-L'umidità gli ha causato un abbassamento di voce e per due mesi non potrà più cantare. L'Arena aveva contagiato anche lui. «Luciano, a al piò grend 'ed ' tott!» gli aveva gridato un tifoso di Modena. Come fare a non accontentarlo? Mauro Anselmo ■ il il lì il -i i! '! ww W wn| * *Lr»ir? Lina scena della «Gioconda» all'Arena di Verona che quest'anno ha presentato anche «Aida» e «Carmen» Gli spettatori di H> rappresentazioni sono stati 240 mila

Persone citate: Cappelli, Carlo Alberto, Guadagno, Mauro Anselmo, Nando Campolmi, Pavarotti

Luoghi citati: Emilia, Italia, Modena, Monaco, Verona