E' morto il regista Enriquez pòrto il teatro fra la gente di Osvaldo Guerrieri

E' morto il regista Enriquez pòrto il teatro fra la gente A 53 anni, nell'ospedale di Ancona dov'era ricoverato da tempo E' morto il regista Enriquez pòrto il teatro fra la gente Aiuto di Visconti e Strehler, aveva esordito nel '51 con «Cesare e Cleopatra» - Un continuo aggiornamento dei testi classici, con allestimenti che spesso lo hanno posto al centro di aspre polemiche - Era stato direttore degli «stabili» di Napoli e Torino ANCONA — Il regista Franco Enriquez è morto nella notte fra venerdì e sabato in una clinica di Ancona. Aveva 52 anni. Era nato a Firenze il 20 novembre 1927. La salma sarà tumulata nel piccolo cimitero di Sirolo dopo i funerali che si svolgeranno oggi alle 17 nella chiesa dello stesso paese marchigiano. Franco Enriquez era ricoverato nella clinica anconetana da alcune settimane. Ultimamente, avendo i medici registrato uh miglioramento nel grave stato di disfunzione' epatica che lo aveva costretto al ricovero, gli era statò permesso di andare a passare qualche giorno nella casa di Sirolo, acquistata nel periodo ih cui il regista divideva la sua esistenza con l'attrice Valeria Monconi, con la quale ha mantenuto uno .stretto rapporto di affettuosa amicizia anche dopo la conclusione del rapporto. «Vorrei — ha detto Valeria Moriconi, raggiunta per telefono nella casa di Sirolo — che Enriquez fosse ricordato soprattutto come straordinario uomo di teatro: ha fatto conoscere autori nuovi e ha ripercorso il repertorio classico cercando sempre dimensioni ed effetti moderni. Nonostante che la critica abbia riconosciuto di volta in volta i suoi mèriti, Franco è stato dunque un personaggio misconosciuto, che ha pagato duramente il suo ruolo di "outsider" Non amava il compromesso, e soltanto io posso dire quanto fosse estremamente sincero*. Franco Enriques non farà più /'Otello cui pensava da molti mesi. Era il suo ultimo, grande progetto. Ne parlava con .gli amici, accalorandosi come suo solito; diceva che voleva tornare a Shakespeare, l'autore che gli diede la notorietà, per ritrovare quella pienezza espressiva che regie affrettate e sbagliate gli avevano fatto perdere. Pur nella sua incostanza, Enriques è stato uno dei più importanti registi italiani, colto, eclettico, umorale, litigiósissimo. Prima di scoprire il teatro aveva studiato medi- Cina e lettere. La sua carriera artistica cominciò come aiuto regista di Visconti, Strehler, Cari Ebert e Herbert Graf. Realizzò il suo primo spettacolo nel '51: era il Cesare e Cleopatra di Shaw con RenzoRicci e Eva Magni, cui seguirono Tartufo di Molière con Memo Benassi, Re Lear di Shakespeare con Ricci, Proclemer. Albertazzi, Buazzelli. Lo spettacolo che lo rivelò al grande pubblico fu La, bisbetica domata di Shakespeare, rappresentata con la «Compagnia dei Quattro» fondata, agli inizi degli Anni Sessanta'con Valeria Moriconi, Glauco Mauri e lo scenografo Lele Lussati. Con quella messinscena, Enriquez'rivelò la principale caratteristica del suo far regìa, die consisteva nell'aggiornare ì classici, nell'inserirll in una cornice più attuale. Quello spettacolo aveva una strafottenza tutta giovanile, non stava a guardare per il sottile, non si lasciava paralizzare da scrupoli filologici, tanto che Enriquez inserì in chiusurauna battuta del filone apocrifo della commedia («Non saremo mai' più giovani»; che serviva da emblema a tutto il lavoro. La bisbetica fu ripresa dódici anni dopo e offerta in una forma ancora più derisoria, in un ambiente circense dovè gli attori entravano in Balilla, iti bicicletta e davano vita a un gioco vagamente pirandelliano. Quella volta, al Teatro Romano di Verona, Enriquez^ presentava la Commedia scespirìana e, insieme, Kiss me, Kate, il musical di Sam e Bella Spewack ispirato alla Bisbetica. Fu, come dodici anni prima, un grande successo, Quel dittico girò tutta l'Europa. Enriquez diede il meglio di sé fino ai primi Anni Settanta, con spettacoli quali Le fenicie di Euripide, Rosencrantz e Guildernstern sono morti dì Tom Stoppard, Le mosche di Sartre, Casimiro e Carolina di Ódon von Horvàth, Il sipario ducale tratto dall'omonimo romanzo di Paolo Volponi e Le notti bianche da Dostoevskji, in cui fornì la sua prima prova d'attore. Contemporaneamente, si dedicava all'attività organizzativa, dirigendo i teatri stabili di Napoli, Torino e di Roma. Quest'ultima esperienza finì nel chiasso. Sembrava ormai che intorno a Enriquez non dovesse esserci che polemica e risentimento, né lui faceva nulla per placare i contrasti. Crédeva di essere abbandonato da tutti e perciò accusava tutti, a volte giustamente, altre volte no. Fu anche condannato per evasione fiscale, perché nel '68 si era dimenticato di presentare la dichiarazione dei redditi. Di giorno stava a Rebibbia e la sera otteneva il permesso di andare a recitare al Quirino ne Le notti bianche. Molti si chiesero la ragione per cui Enriquez voleva giocare anche la carta dell'interpretazione. Lui diceva: «Dopo avere studiato i testi di Barrault e Jouvet sul regista che fa l'attore, ho voluto provare anch'io». Ma la verità era un'altra e la rivelò lui stesso in un momento di sincerità: «Sono stufo di questi attori italiani, di questi "gergoidi". si parlano solo tra loro nel loro gergo, e il pubblico non li capisce, con la loro gestualità, con i loro segni». Ne Le notti bianche la sua controllata interpretazione fu apprezzata dai critici, nel Gattopardo fu maltrattata. Si ripeteva cosi quel gioco alterno di lode e biasimo che sembra essere stato un eterno corollario à tutto il lavorò di Enriquez, che quasi certamente sarebbe stato un grandissimo regista se avesse avuto meno fretta di fare, se fosse stato meno distratto. Il suo contributo alla diffusione del teatro in Italia è stato comunque notevole. Egli non solo ha avuto il merito di far conoscere autori come von Horvàth, ma è stato il primo ad esplorare i cosiddetti «circuiti alternativi», ad attuare il decentramento, a portare lo spettacolo sotto il tendone del circo, a raschiare la patina di aulicità che copriva la parola dei classici, aprendo la strada all'affermarsi di fenomeni quali Carmelo Bene, Mario Ricci e Giuliano Vasilicò. Osvaldo Guerrieri Enriquez e Valeria Monconi in una foto scattata a Roma