Estate polacca, speranza per la sinistra europea di Jean Elleinstein

Estate polacca, speranza per la sinistra europea Estate polacca, speranza per la sinistra europea Un'analisi dello storico comunista francese Jean Elleinstein Jean Elleinstein, storico comunista, docente all'università di Poltlers, è uno degli Intellettuali «dissidenti» In polemica con II pc francese. In questo articolo, prendendo spunto dalla crisi In Polonia, ne esamina storicamente I riflessi non soltanto sugli altri Paesi dell'Est ma anche sui pel. Quello clic accadi' nel Salvador, nella Coiva del Sud 6 in Bolivia ci indigna legittimamente. Di fronte a difficoltà crescenti, l'imperialismo ricorre a metodi dì terrore sempre più sanguinosi contro i militanti operai, i contadini e gli intellettuali. Gli esempi di Argentina e Cile si estendono a macchia d'olio. Si tratta cèrto di una nuova strategia contro il movimento di liberazione nell'America Centrale. ' nell'America del Sud, in Asia, in Africa. In Polonia il problema ù un altro,, ma la stia dimensióne storica è considerevole. Treiitacinqiw anni dopo la fine della seconda guerra mondiale e la nascita della Polonia socialista, si costituisce un movimentò operaio in condizioni storiche completamente nuove, sulla base della proprietà collettiva dei mezzi di produzione e di scambio, in imo Stato che sì dice.socialista. Non abbiamo a che fare con un classico- movimento dijntcllettuali. né con un'azione spontanea di operai di fronte a difficoltà economiche e sociali precise. Le rivendicazioni degli operai polacchi riguardano problemi economici e sociali e i temi fondamentali del diritto di sciopero, della libertà sindacale, della libertà-di stampa. Hanno il merito di porre l'accento sul grande problema del socialismo, che è quello della democrazia. Gli operai polacchi, reclamando questo diritto, non mettono, in càusa il sistema di proprietà esistente in Polonia, ma la gestione economica, il potere della burocrazia e il rifiuto della democrazia politica. Parlare di elementi antisocialisti, a questo punto, vuol dire riconoscere che il «socialismo reale» non è un vero socialismo perché rifiuta la democrazia politica. Le autorità polacche hanno avuto finora il merito di non adottare metodi direttamente repressivi contro gli operai, di¬ versamente da quanto avvennenel 1970 a Danzica, ma questo non è sufficiente. La distinzione tra lotte sindacali, sociali e poli-ticlie è del tutto estranea ai diri-genti marxisti. E' vero che accettare il diritto"di sciopero, la libertà sindacale e quella di stampa, in Polonia, vorrebbe dire minacciare il sistema politico esistente in Urss e negli altri paesi dell'Est europeo e da questo punto di vista gli scioperanti polacchi costituiscono un formidabile precedente che le autorità sovietiche, dal loro punto di vista, hanno ragione di temereQuello che è vero in Polonia lo è a maggior ragione in Unione Sovietica, nella Repubblica Democratica Tedesca, in Cecoslovacchia e così via. La democrazia ha una logica implacabile.'In un recente arti colo, Gerard Molina aveva ra gione aa* osservare che il movi mento polacco, crea ai dirigentcomunisti francesi problemi formidabili, dal momento che mette in evidenza le loro contraddizioni. ■ Non disapprovano glscioperanti, ma sono nello stesso tempo tentati di sostenere Gierek. Ora, il segretario departito comunista polacco usa i metodi tradizionali del padronato e delio-Stato francesi: dividere gli scioperanti, denunciare glscioperi come politici, insistere sul loro costo economico... Si crede di comprendere glargomenti utilizzati in Franciadal potere e dalla confederazione padronale. Ma c'è una diffeA"renza. In Francia il diritto dsciopero esiste dal 1864, la libertà sindacale dui 1884, la libertà di stampa dal 1881. Queste libertà sono conquiste operaie ed è grazie alle organizzazioni operaie che sono rimasteE queste libertà esistono de jure e de facto. In Polonia non esistono né de jure né de factoPer questo gli operai polacchi le reclamano e hanno ragione a reclamarle. _ Dire questo chiaramente e fermamente non vuol dire to glicre le speranze alla base comunista. Al contrario vuol'dire darle motivo di speranza. Quando, al 22" congresso del partito comunista francese, Georges Marchais dichiarò che la democrazia è il mezzo e il fine desocialismo, aveva . ragione e' o e i-, i-} ca di o ri eti ià ie. lo ne eoa i a i ti rtili sre el i aeli re li a oeApendenza dallo Stato e " tito operaio polacchi. di iieeae. re io. le a e o ore no es oel e. e a i mi n e e a o e a ae rri a a ci e, e Quello che era vero nel 1976 lo è a maggior ragione anche oggi Ahimè! Cento volle ahimè! Sono stati Marchais e la direzione del partito comunista francése ad abbandonare, oggi, il terreno della democrazia politica. Bisogna davvero mettere i puntini sulle «i», caro Fiterman. Il contrario di quello che fa la direzione del partito comunista, francese. Dopo avere approvato l'intervento sovietico in Afghanistan, i dirigenti di questo partito sostengono ora. Gierek e rivolgono le lord critiche a Francois Mitterrand! Come se oggi fosse in causa il comportamento tenuto da questo o quel dirigente socialità nel 1956, 24 unni fa. Il fatto che abbiano avuto torto sull'Algeria-o su Suez non vuol dire necessariamente che abbiano torto anche oggi. Smettiamo questi giochi assurdi e pericolosi che deludono la base operaia e rallegrano l'Eliseo! Esiste idl'interno del partilo comunista francese una forte corrente democratica dalle componenti molto diverse. Il fallo che non sia mollo organizzata impedisce agli osservatori esterni di accorgersi della sua esistenza. Eppure esiste, anche se dispiace a molti che vorrebbero un partito comunista filosovietico e antidemocratico al suo interno. La solidarietà dei comunisti francesi con gli scioperanti polacchi' deve esprimersi con chiarezza politica e nell'indidal par- L'estate polacca costituiste come la primavera di Praga un motivo di speranza per tutta la. sinistra europea. Quale che sia la Tiorte immediata di questo movimento, è Iannuncio di lempi nuovi che non riguardano solo hi Polonia, ma che interessano in primo luogo l'Unione Sovietica stessa, e nessuno potrà venire a capo di questo movimento perché esso è l'espressione profonda del sentimento di tutto mi popohi. Gli scioperami, gli intellettuali polacchi, hanno un acuto senso delle loro responsabilità e delle possibilità che offre loro una situazione geopolitica difficile. I sovietici non hanno bisogno dì invadere' la Polonia, la occupano 'già Tutto sta a vedere se interverranno contro gli scioperanti. Lo faranno certamente se i dirigenti polacchi non saranno capaci 'di porre fine a scioperi che coistituiscono un- esempio temibile per tutto il mondo sovietico. 1 Esprimiamo dunque la nostra ìsolidarietà agli operai polacchi. Scusandosi di non poter assistere all'anniversario dell'insurrezione polacca del 1830 contro la Russia, Marx scriveva a Pietr Lavrov, il 3 dicembre 1875: «L'emancipazione della Polonia è una delle condizioni dell'emancipazione della classe operaia europea». E il 4 dicembre 1875 Engels chiudeva il suo messaggio a Wroblewski. un ex comunardo parigino di origine polacca, con queste parole: va la Polonia!». Più che mai, queste parole restano d'attualità. Jean Elleinstein Copyright «I* Mundi'» v per l'li:ili;i «l.a Stampa»