Undici anni pesano sulla povera Gradiva
Undici anni pesano sulla povera Gradiva L'atteso film di Albertazzi in tv Undici anni pesano sulla povera Gradiva Ci ha messo undici anni per' arrivare sugli schermi italiani. L'altra sera c'è riuscito, ma con scarsa credibilità. Il film Gradiva di Giorgio Albertazzi — liberamente tratto da un racconto di Wilhelm Jensen, con la collaborazione di Giuseppe Berto e Ghigo De Chiara, consulenza scientifica di Cesare Musatti—è stato, trasmesso mercoledì dalla rete 2 della Rai. Interpreti Peter Chatel, premiato come miglior protagonista a Locamo dove il lavoro fu presentato nel 1970, Laura Antonelli a}Je prime armi, Bianca Toccafondi e lo stesso Albertazzi nella parte dell'analista, con molti altri. Il danese Jensen, premio ' Nobel, scrisse là novella nel 1903. Facevano furore allora ' le scoperte archeologiche, le storie decadenti, nonché le prime avvisaglie della psicanalisi ad uno dei profani. Ebbe successo, lo stesso Freud vi trovò la conferma delle sue teorie sull'Inconscio nell'arte, Ma Albertazzi ha rispolverato la vicenda nel 1969, trasportandola ad appena tre anni prima, quando Firenze fu colpita dall'alluvione. Perciò l'archeologo tedesco Norbert Hanold protagonista del film, che viene a cercare in Italia una donna viva che rappresenti la «ragazza che cammina» da lui vista su un bassorilievo grecoromano e che chiama Gradiva, appare un pochino fuori epoca. D'accordo, una decina d'anni fa vi fu la grande ondata della parapsicologia sulle scene e sugli schermi, con la diffusione di storie che in certo senso potevano rievocarequelle di sessanta e più anni prima. Ma lo spirito è diverso, e il film di Albertazzi pur con pregi formali .non convince molto. Nonostante una certa abilità del racconto e le doti di recitazione dei protagonisti, corre il pericolo di apparire semplicemente il caso patologico di un giovane sessualmente inibito che crede di cercare la donna ma in realtà la fugge, accettandola soltanto pietrificata. Sarà lei, l'amica d'infanzia che non l'ha dimenticato, dolce e un po' misteriosa, a dirgli sotto il sole, tra le rovine di Pompei: «Tu mi cercavi? Sono qui, viva. Sono duemila anni che ti aspetto». Psicanalisi pratica, insomma. Ma in campo artistico, questo film rischia di somigliare a un reperto arche07 logico più che a una storia contemporànea. b. a.
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