Varsavia dice no di Frane Barbieri

Varsavia dice no LO SCIOPERO E' STATO SOSPESO, MA LA POLONIA E' IN FERMENTO Varsavia dice no (Segue dalla 1* pagina) +Veconomica del predecessore, anche Gierek decide l'aumento c si vede di nuovo scoppiare la rivolta. Non viene travolto in quanto subito, nel giro di poche ore, rilira il decreto scaricando le colpe sul primo ministro Jaroszewjcz, il quale non lo avrebbe «sufficientemente preparalo». Ora il decreto sull'aumento dei prezzi è stato rimesso in vigóre dopo una lunga preparazione. L'estate scorsa alti funzionari ci parlavano di una. vasta operazione strategica, fra economica, politica e propagandistica, atta a spiegare e a far accettare ai polacchi la riforma dei prezzi. E' stato nominato anche un nuovo capo del governo per effettuarla, Babiuch. Ed ora eccoci, dopo tanto lavoro di preparazione svolto dal partito (anche il recente Congresso é stato consacrato quasi interamente a questa campagna), ad un'ahra rivolta degli operài. Di nuovo non hanno compreso nd accollo le argomentazioni del. partito. L'intensa campagna non ha convinto i polacchi. Si tratta di una sconfitta politica di fronte alla quale il partito «incompreso» si vede costretto, per rimediare, a «comprendere» le ragioni degli scioperanti, Arriviamo così al terzo motivo politico della protesta che si vorrebbe strettamente economica. Con un'economia fòrtemente squilibrata (più di venti + miliardi di dollari di indebitapnento, un terzo dei nuovi im- o e o e o , o e o a i e i e a r a e a o à e e a i — i l è a ti d. e ee io a ià o o n ol n e e ff e di. odi zi ia ne er di e ono A a e di e n ti ri o ipianti fuori uso a causa delle tecnologie incompiute, poiché nella congiuntura mondiale il' prezzo delle macchine da ini-' portare è aumentalo di tre o quattro volte, mentre i prezzi .delle merci esportate dalla Polonia sono diminuiti di due volte) il governo non poteva trovare altra uscita che l'abolizione delle sovvenzioni artificiali ai bassi prezzi alimentari. Era una situazione economicamente assurda': il 40 per cento del bilancio statale, ossia più di 200 miliardi di zloty annui, 6000 miliardi di lire, veniva stanziato non per stimolare la produzione della carne, ma per facilitare il suo consumo a bassi costi. Il prezzo economico della carne era il prezzo della stabilità economica, di un minimo di logica sul mercato. Di fronte alla prolesta dilagante il governo non ha revocato questa volta il decreto sui prezzi, ma nelle trattative con gli operai accetta l'aumento dei salari. Il che. come effetto, si riduce alla stessa cosa. Il diségno del governo, atto a normalizzare l'economia, naufraga un'altra volta. Ed il colpo, più che economico, diventa squisitamente politico. Viene da domandarsi: perché i polacchi non lasciano toccare i prezzi alimentari anche se devono fare code, anche se trovano i negozi sprovvisti, pur essendo consapevoli che i prezzi sovvenzionati dallo Stato sono costretti a pagarli in qualche modo? Quella che una volta intendeva essere la nazione più orientale dell'Occidente ed ora stenta ad essere la più occidentale dell'Oriente, sembra' aver elevato la questione dei prezzi alimentari a simbolo della propria frustrazione. La Polonia ha dovuto subire il dominio dei sovietici, pur trovandosi fra le vincitrici della guerra. Si è accomodata con realismo ad un regime non propriamente scelto dì sua spontanea volontà. Ha trovalo anche il modo di sopportare i governi migliori, fra quelli possibili, risultando impossibile quello ideale. La rinuncia, il sacrifìcio hanno avuto, però, un premio minimo. Questo, paradossalmente, è stato fìssalo nella carne. Su questo non mollano, co me se si trattasse dell'ultima falda della loro indipendenza Per uno strano gioco di contraddizioni, invece, un'economia in dissesto rende il Paese dipendente da Mosca anche più di quanto lo voglia lo stesso governo, costretto a chiedere sovvenzioni ai sovietici in cambio di concessioni, politiche. Sovvenzioni e agevolazioni, del resto, sempre più scarse da quando al Cremlino hanno deciso di rovesciare anche sugli alleati una parte dell'impegno strategico. In fondo, i polacchi scioperano, anche contro Mosca, calcolando, forse male, di poterla costringere a pagare di più la imposta «fedeltà» po lacca. Nel sostenere la tesi- di und sciopero «strettamente econo mica» Lukasiewicz, assecondato da vari commentatori, ha usalo come argomento il fallo che la protesta non mette in causa il socialismo. Gli scioperanti, si dice, cantano addirittura canzoni rivoluzionarie Non si capisce perché, per essere politico, il movimento degli operai polacchi dovrebbe essere necessariamente antiso cialisla. Come se chiedere un socialismo diverso. non fosse politica. Sembra logico che per gli operai in rivolta il socialismo appaia irreversibile. Ma sembra altrettanto chiaro che polacchi considerano imprescindibile trasformare il socialismo esistente. Il governò saprà esprimere la sua «comprensione» anche di fronte a simili istanze ó suo dialogo attuale con i rivoltosi terminerà nelle aule dei tribunali penali, come era successo a Ursus e Radom? La risposta si che è politica. Come è politico anche il quesito: i sovietici useranno le proteste operaie per disciplinare un governo, malgrado tutto, troppo autonomista, o useranno il governo per soffocare gli operai troppo autonomi? La sola cosa che Mosca in questo momento non può concedersi è sopportare due Afghanistan in una volta. ■ Frane Barbieri

Persone citate: Gierek

Luoghi citati: Afghanistan, Mosca, Polonia, Radom, Ursus, Varsavia