Gli è bastato la polvere d'abete per scoprire una rapina simulata di Claudio Cerasuolo

Gli è bastato la polvere d'abete per scoprire una rapina simulata Il perito Max Frei bravo come Sherlock Holmes Gli è bastato la polvere d'abete per scoprire una rapina simulata È successo così che l'orefice Dario Bressan di Valmacca (Casale) da vittima è diventato indiziato - Aveva denunciato di aver subito l'attacco dei banditi che gli avevano portato via preziosi per 800 milioni Scarcerato il presunto autore del colpo in carcere dal marzo scorso Clamorosa svolta nelle indagini sulla rapina da 800 milioni, subita il 30 settembre del '79 dall'orafo Dario Bressan, 34 anni, a Valmacca, tra Casale é Valenza, nella sua villetta in frazione Rivalba, via Cesare Battisti. Lo scorso marzo era stato arrestato Luigi Balbi, nella cui auto, su segnalazione anonima, era stato trovato un pacchetto contenente alcuni anelli del valore di pochi milioni. I gioielli portavano, anche se parzialmente cancellata, l'indicazione del laboratorio del Bressan. Ieri mattina il giudice istruttore di Casale, Savio, ha scarcerato Luigi Balbi, che è difeso dagli avvocati Graziano Masselli di Torino e Bori di Casale. L'esame delle microtracce eseguito sul pacchetto dei gioielli sottoposti ad una lunga indagine dal i>erito Max Frei, l'ex capo della polizia scientifica di Zurigo, noto per i suoi studi sulla Sindone, ha completamente scagionato il presunto autore del colpo Luigi Balbi e messo nei guai il rapinato, l'orafo Dario Bressan, che sarà incriminato per frode processuale per aver simulato la rapina. . La vicenda ha dell'incredibile e vale la pena di raccontarla nelle sue varie fasi, seguendo passo passo le indagini dei legali del Balbi, convinti dell'innocenza del loro cliente, il lavoro del magistrato e dei periti che hanno consentito di smascherare la simulata rapina. La sera del 30 settembre del 79. cinque banditi entrano nella villetta del Bressan. e sequestrano Nadia la iiglia quindicenne dell'orafo. La stessa sorte tocca ai coniugi Dario e Eleonora Bressan e ai loro amici, te famiglie Zeppa. Provera e Illario, che avevano trascorso là serata fuori a cena ed erano ritornati in villa per il bicchiere della staffa. L'orafo è costretto ad aprire la cassaforte e a consegnare i gioielli per un valore di 200 milioni circa. In realtà, come si scoprirà più tardi — lo ammetterà lo stesso Bressan —il bottino è di 800 milioni, perché spariscoho anche delle lamine e dei lingòtti d'oro. Le indagini procedono a fatica, senza risultati concreti, fino al giorno in cui i carabinieri ricevono una telefonata anonima. Sull'auto del Balbi viene trovato un sacchetto avvolto in carta da giornali: dentro la carta velina tipica degli orafi, alcuni anelli. L'indicazione del laboratorio, seppure parzialmente cancellata, cohsente di individuare la provenienza: sono tra quelli rapinati al Bressan. Luigi Balbi protesta la sua innocenza, ma finisce dentro. I suoi avvocati chiedono al giudice che il perito d'ufficio Max Frei esamini i gioielli trovati sull'auto del Balbi, alla ricerca di possibili imprónte o altre tracce. A questo punto comincia il lavoro da certosino di Max Frei. Sui gioielli non ci sono impronte, ma sulla carta che li contiene è depositata una polvere finissima di abete. Nel frattempo Dario Bressan comunica al giudice istruttore di ricevere telefonate minatorie. Dice che in quella voce gli sembra di aver riconosciuto l'amico Illario. uno dei sequestrati della sera della rapina. Il telefono di Illario è messo sotto controllo. Il contenuto delle telefonate insospettisce il perito fonico Aurelio Ghio e le indagini cominciano a prendere un altro verso. Il 22 luglio, il giudice istruttore Savio dà un altro incàrico a Frei: mettere a confronto i reperti già oggetto d'indagine con altri rei>erti prelevati nelle vicinanze della casa del Balbi, della casa dell'IUario e della casa del Bressan e anche le lenzuola che sono servite a legare i sequestrati nella villetta del Balbi la sera della rapina. . L'esito delle indagini di Frei è clamoroso. Nessuna affinità tra le polveri raccolte nelle case del Balbi e dell'IUario. Stèsso tipo di «contaminazione» e di «stratificazione» sui gioielli del pacchetto, sulla carta velina che li conteneva, sui luoghi immediatamente adiacenti alla, casa del Bressan (a 200 metri c'è una segheria) e sulle lenzuola. «La contaminazione non è casuale — spiega l'esperto — Tutti gli oggetti sono stati esposti per lungo tempo alla contaminazione della finissima polvere di abete». Le conclusioni le trae il giudice istruttore che ieri dà ordine di scarcerare Luigi Balbi. Tutti gli indizi ora sono contro il rapinato Dario Bressan. La telefonata anonima che consente di ritrovare quei pochi anelli su cui si cancella l'indicazione del laboratorio in modo tale che sia possibile identificarlo, diventano elementi d'accusa. Come mai sulla carta velina che avvolge quegli anelli c'è lo stesso tipo di polvere che si è depositata sulle lenzuola della casa del Bressan? L'inchiesta si riapre e promette sviluppi clamorosi. Claudio Cerasuolo

Luoghi citati: Casale, Rivalba, Torino, Valenza, Valmacca, Zurigo