Rivincita delle donne in cordata di Massimo Mila

Rivincita delle donne in cordata UNA GALLERIA DI VALENTI ALPINISTE: LE AMAREZZE, LE IMPRESE - ' m r~—— ■ V, Rivincita delle donne in cordata DaU'800. i progressi costanti di scalatoci impegnate su tutte le montagne della Terra - La lotta contro l'esclusivismo paternalistico o il gallismo dei colleghi maschi - L'anno prossimo sul K2 una spedizione tutta femminile Quattordici anni sorto passati dal giorno in cui chi scrive questa nota ebbe l'onore di sostenere, in-compagnia del sestogradista udinese Oscar Soravito, un'epica battaglia in seno all'assemblea generale del Club Alpino Accademico Italiano per ottenere l'ammissione delle donne in quell'austero sodalizio. La battaglia fu, per allora, perduta. Aggrappandosi caviliosamente alla lettera d'uno statuto antidiluviano, l'ottusa chiusura della mentalità subalpina prevalse sulla più agile modernità di vedute del gruppo orientale, Poi, come sempre accade, il giusto e il vero si fecero strada da soli e tre anni or sono le porte dell'Accademico si aprirono finalmente ad alcune rappresentanti del gentil sesso. Una è Silvia Metzeltin-Buscaini, cui si deve l'appendicj| di Dònne in cordata, una storia dell'alpinismo femminile, dell'inglese.Cicely Williams (tradotta da Paola Castelli Gattinara, ed. Dall'Ùglio). Una storia che comincia male, nel 1808, con Marie Paradis, la servetta portata' in cima al Monte Bianco quasi per burla dalle guide di Chamonix. ma trentanni dopo si raddrizza con la seconda scalatrice del* tetto d'Europa, l'ambiziosa e consapevole Hènriette d'Angeville. Da allora è una progressione costante di valorose scalatoci, impegnate a lottare, dapprima sulle Alpi, poi su tutte le montagne della Terra, non solo contro i sei gradi di difficoltà (adesso c'è pure il settimo), ma soprattutto contro l'esclusivismo paternalistico e magari il gallisnusvdei colleghi maschi. Ne esce Una galleria sterminata di personaggi d'eccezione, in cui si spiega l'infinita gamma dei rapporti possibili tra l'uomo (mi correggo: la donna, ma. fa proprio lo stesso) e la montagna. L'autrice, moglie del vescovo di Leicester e valente alpinista essa stessa, magna pars di quel Ladies' Alpine Club in cui le alpiniste inglesi avevano dovuto organizzarsi come in un ghetto, escluse dalla roccaforte virile del venerabile Alpine Club, ne trae una serie di medaglioni tracciati con gustoso sense of humour, un po' parrocchiale, e ispirati a un euforico ottimismo circa gli idilliaci rapporti tra i due sessi in montagna. Tanto basta, insie¬ me con la forte prevalenza dell'angolatura anglo-sassone, per rendere indispensabile la^correzione di tiro operata dalla nostra impetuosa e polemicissima Silvia. Tra tutte due, qualche nome se lo sono lasciato scappare, nonostante la diligenza della vasta compilazione. Per esempio quello delle baronessine ungheresi lloha e Rolanda Eòtvòs che, a detta di Antonio Berti, suprema autorità nella storia delle Alpi orientali, «hanno brillato tra le figure più significative dell'alpinismo dolomitico dei primissimi anni del secolo». Sia pure inquadrate tra colossi come le guide Dimai, Verzi e Siorpaes, aprirono .per la prima volta una via sulla parete Sud della Tofana di Rozes, salirono per prime la Cima d'Auronzo e la Cima Witzenmann, scalarono il Campanile Dimai da Sud con traversata aerea alla Torre del Diavolo, il loro nome è consegnato a una bella cima nei Cadini di Misurina. Forse si poteva ricordare anche Beatrice Tomasson, che |i con le guide Bettega e Zagonel violò per la prima volta l'immane parete' Sud della Mar- — -»»ui.Và«Kiii«.*»».»...,..-ii molada. È miss Dora Ree, che nel 1912 guidò in Alaska la prima ascensione al Monte Blackburn, non è l'antesignana di quelle valorose che òggi hanno raggiunto, in cordate puntigliosamente femminili, gli ottomila del Manaslu, delrAnnapurna e del Gasherbrum ÌI? La giapponese Junko Tabei, laureata in Fisica, fu la prima donna a raggiungere la vetta dell'Everest, e lo fece nel corso d'una spedizione femminile. Nell'ambito di spedizioni miste, invece, salirono sul tetto della Terra la contadina tibetana Phan Thog e la polacca Wanda Rutkiewicz, ingegnere in elettronica. Cosi pure la tedésca Hanne'lore Schmatz,, morta nel ritorno, l'anno scorso. (E si ricordi qui il sacrificio della grande Claude Kogan, nizzarda e ben nota ai frequentatori delle Alpi Marittime, travolta da un'enorme valanga alla testa della sua spedizione femminile al Chó Oyii). Ma la bella'Rutkiewicz, già organizzatrice e capo di spedizioni femminili e miste nel Karakorum, ne ha avuto talmente basta delle angherie inflittegli dai suoi compagni di ascensione. all'Everest, maschi e tedeschi, che l'anno venturo in Karakorum ci torna, si, per tentare il K2. ma; per carità, tutte donne! ** : Massimo Mila

Luoghi citati: Alaska, Europa, Gattinara